Articolo pubblicato il 6 Agosto 2023 da Christian D'Avanzo
Somewhere è un film indipendente americano scritto e diretto da Sofia Coppola, giunta al suo quarto lungometraggio, distribuito al cinema nel 2010. La durata del film è di 98 minuti, mentre il genere di appartenenza è un ibrido tra la commedia e il dramma. Inoltre, Somewhere è il vincitore del Leone d’oro alla Mostra Internazionale del cinema di Venezia nel 2006, annata in cui Quentin Tarantino era il presidente di giuria. Nel cast figurano Stephen Dorff, Elle Fanning, Chris Pontius, Michelle Monaghan, Laura Ramsey, Robert Schwartzman, Caitlin Keats, Jo Champa, Laura Chiatti, Simona Ventura, Lala Sloatman, Amanda Anka, Erin Wasson, Alexandra Williams, Nathalie Fay, Kristina Shannon, Karissa Shannon, Silvia Bizio, Damian Delgado, Giorgia Surina. Di seguito la trama e la recensione di Somewhere, quarto film scritto e diretto da Sofia Coppola.
La trama di Somewhere, quarto film scritto e diretto da Sofia Coppola
Di seguito la trama di Somewhere, quarto film scritto e diretto da Sofia Coppola:
“Il protagonista del film è Johnny Marco (Stephen Dorff), importante attore cinematografico che abita nello Chateau Marmont, un lussuoso albergo sulla Sunset Boulevard a Los Angeles. Una star estremamente avvezza a vizi e stravizi, tra auto fiammanti, alcool, donne e milioni di seguaci. Ha talmente ovattato la sua vita a Hollywood che non sa più cosa sia il mondo reale. La sua bolla scoppia quando un giorno si trova costretto a occuparsi, per un periodo piuttosto lungo, di sua figlia Cleo (Elle Fanning), una ragazzina di undici anni.
Nonostante le voglia bene, non è per niente facile per l’attore farle spazio, rompendo così la sua routine e fa molta fatica ad accettare questa nuova situazione. Con il passare dei giorni, però, Johnny cercherà di adattarsi a questo ruolo così diverso, e soprattutto così reale, dell’essere padre a tempo pieno, suo malgrado. I due cominceranno a passare moltissime ore insieme, divertendosi e costruendo quel legame che aiuterà anche la vecchia star a tornare con i piedi per terra, scoprendo finalmente che c’è tutto un universo fuori dal suo albergo. Le cose si complicano quando Cleo dovrà tornare da sua madre.”

La recensione di Somewhere: un on the road personale, malinconico e stralunato
A quattro anni dal suo Marie Antoinette, Sofia Coppola torna a concentrarsi su di una sfera ben più intima e personale, sfoggiando un’abilità degna di nota nel rappresentare i due personaggi protagonisti in una traiettoria senza né un inizio né una fine. Somewhere non si pone come un film in cui vi è un’evoluzione ben precisa, e d’altronde già nei suoi precedenti lavori la regista si è dimostrata maggiormente interessata a raccontare storie di persone solitarie e in difficoltà con loro stesse nonché con gli altri. In tal caso è impossibile non pensare a una serie di elementi autobiografici che hanno a che fare con il cinema americano anni Settanta, di cui il padre Francis Ford Coppola è stato uno dei più grandi artefici. Va da sé che la relazione qui presente tra la star hollywoodiana Johnny Marco e sua figlia Cleo, non è altro che uno stralunato percorso emotivo in un non-luogo, e tutto ciò che si può osservare è filtrato dalla percezione di chi è attento a guardare e a vivere quel determinato istante. Johnny è alle prese con il suo ingombrante alter ego, il quale pare avergli tolto spazio come padre, facendo sì che l’attore prendesse le distanze dalla sua bambina. Cleo è un’anima innocente che riesce in un attimo a risultare raggiante, illuminando la scena con un sorriso quando è in buona compagnia, alternando alcune azioni finalizzate a mostrare una sua precoce maturità (altro fil rouge nel cinema della Coppola).
Per restituire le stesse impressioni legate indissolubilmente ai personaggi, il ritmo iniziale è molto lento, con una regia camaleontica composta perlopiù da lentissime zoommate; la fotografia di Harris Savides restituisce invece quel senso di malinconia a cui si faceva riferimento poc’anzi. Altro elemento tipico del cinema della Coppola è senz’altro l’onirico, e in Somewhere l’atmosfera è allucinata come mai prima d’ora, tanto da spiazzare lo spettatore a più riprese tramite la comparsa di donne nude o quasi, rapporti sessuali terminati improvvisamente dal sonno, partite alla Nintendo Wii. Quando si fa riferimento a Somewhere come film on the road, figlio del cinema statunitense degli anni Settanta, non è assolutamente un caso: i personaggi viaggiano senza una meta precisa, e non è dato sapere perché si spostano continuamente. Sembra, per l’appunto, di star assistendo a un prolungamento mentale di ambedue le personalità, in conflitto sia con sé stesse che tra loro, e quanto si vede su schermo non è obbligatoriamente intriso di uno specifico e risonante significato. L’apparenza è quella di un uomo che si sta creando − forse anche solo avvalendosi dell’immaginazione − una nuova realtà dopo aver fallito, sia come marito che in quanto genitore, privandolo di vivere a tempo pieno la crescita di sua figlia. Se Bill Murray in Lost in Translation è una maschera che porta i segni del tempo, esausto e invecchiato, qui Stephen Dorff in una scena viene letteralmente modellato con una maschera da vecchio in un momento di rumorosa solitudine. La piccola Cloe cerca in ogni dettaglio un motivo per sentirsi più allegra rispetto alla grigia consuetudine, e la personale comunicazione, articolata in piccoli gesti, sguardi e ammiccamenti, che si viene pian piano a creare con suo padre, è un ritratto tenero di chi sta costantemente cercando l’affetto finora mancato.
Il pianto finale di Cloe e le desolanti corse in auto di Johnny lasciano intendere che, quanto di buono c’è stato, non può essere la normalità, e ben presto lo sconforto potrebbe tornare a condurre le rispettive vite. Come premesso, la Coppola dimostra di saper dare continuità alla sua filmografia, e ancora una volta si prende la briga di non voler dare false soluzione, le quali potrebbero finire per sembrare retoriche e poco sincere. Al contrario, i circa 95 minuti di Somewhere sono pregni di autenticità, come se si stesse assistendo a uno sfogo culminato tra le lacrime amare di chi ha preso coscienza del reale. Al contrario, la distopia viene accentuata durante il viaggio in Italia, in particolare nel corso della cerimonia di premiazione dei Telegatti, dove compaiono volti noti della televisione italiana, come Simona Ventura, Nino Frassica e Valeria Marini. Quest’ultima stoppa sorprendentemente il discorso che Johnny stava per fare sul palco, una volta ritirato il premio a lui assegnato, e i corpi femminili presenti nella vita del protagonista sin dall’incipit con le due lap dancer, prolungano la distrazione dal reale. Somewhere, come da titolo, sembra una perenne fuga di due persone sole e infelici in un posto mai davvero riconoscibile, passeggeri senza meta di una vita quasi rigettata, in favore di un’illusione prepotentemente respinta nel finale del film.