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Recensione – Die Theorie von Allem (La Teoria del Tutto), film tedesco in concorso a #Venezia80

Di seguito la recensione di Die Theorie vom Allem (La Teoria del Tutto)

Die Theorie von Allem (La Teoria del Tutto) è un film tedesco scritto e diretto dall’esordiente Timm Kröger, presentato in anteprima mondiale in concorso alla 80esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Si tratta di un lungometraggio di circa 118 minuti, incentrato su di un mistero dalle base fisiche/fantascientifiche. Il cast è composto da Jan Bülow, Olivia Ross, Hanns Zischler, Gottfried Breitfuss, David Bennent, Philippe Graber. Di seguito la trama e la recensione di Die Theorie Von Allem (La Teoria del Tutto).

La trama di Die Theorie von Allem (La Teoria del Tutto), film tedesco in concorso a #Venezia80

Ecco la trama ufficiale di Die Theorie von Allem (La Teoria del Tutto), film tedesco in concorso a Venezia 80:

 

“1962. Johannes Leinert e il suo supervisore di dottorato vanno a un convegno di fisica nelle Alpi svizzere, dove uno scienziato iraniano ha intenzione di svelare una rivoluzionaria teoria di meccanica quantistica. Quando però i fisici arrivano al loro hotel a cinque stelle, l’ospite iraniano è scomparso nel nulla. Senza una nuova teoria di cui discutere, la comunità di scienziati decide di dedicarsi allo sci. Johannes, invece, rimane nell’hotel per lavorare alla sua tesi di dottorato, ma ben presto si scopre distratto, in preda a una singolare fascinazione per Karin, giovane pianista jazz. C’è qualcosa di strano, sfuggente in lei: sembra conoscere di lui cose che pensava di essere l’unico a sapere. Dopo che una mattina uno dei fisici tedeschi è trovato morto, arrivano sulla scena due ispettori per indagare sull’omicidio. Mentre formazioni di nuvole sempre più bizzarre appaiono in cielo, la pianista scompare senza lasciare traccia – e Johannes si ritrova trascinato in una sinistra storia tra falsi ricordi, veri incubi, amore impossibile e un oscuro mistero che rimbomba nascosto sotto la montagna.”

La recensione di Die Theorie von Allem (La Teoria del Tutto): l’esordio di Timm Kröger è suggestivo ma inefficace 

Die Theorie von Allem (La Teoria del Tutto) è un film postmoderno parecchio ambizioso, che si pone come obiettivo principale quello di trasmettere tensione e inquietudine attraverso le immagini, i suoni e la musica – come colonna sonora extradiegetica e come note musicali diegetiche – del cinema classico, ma non solo. L’esordio di Timm Kröger è sicuramente degno di nota, interessante per il meccanismo innescato allo scopo di scaturire sensazioni e interrogativi nello spettatore. Il regista parte in carriera come direttore della fotografia e si fa notare da questo punto di vista, poiché la fotografia è sicuramente uno degli elementi chiave del film, un bianco e nero dall’effetto retrò, consumato, ricco di contrasti, luci e ombre adoperati come in un vecchio noir. Al netto di ciò, i nobili intenti ben presto si perdono in una fiacca narrazione, ridondante quanto scolastica negli espedienti narrativi, con dei tempi futilmente dilatati, poiché l’atmosfera rarefatta non riesce realmente ad emergere con lo scorrere dei minuti. Il procedere a passi lenti non è mai per partito preso un errore, ma in Die Theorie von Allem (La Teoria del Tutto) si cerca costantemente di indurre al dubbio, alla sorpresa quasi obbligata, ricalcando quei fattori tanto cari al cinema di Hitchcock – l’uomo angosciato e sospettato dalla polizia su tutti – e a quello di Lynch per il “paranormale”.

 

Tuttavia, tali elementi sembrano stare più al passo contemporaneo di una serie commerciale e poco riuscita quale è Dark, disponibile su Netflix, per cui il regista tedesco sembra voler cavalcare l’onda dell’entusiasmo del pubblico. Strano a dirsi però, siccome il film in questione non è sicuramente indirizzato al pubblico generalista, ma nasce in primo luogo per un festival e successivamente per chi il cinema lo mastica quotidianamente. I continui rimandi stancano ben presto, e i movimenti di macchina, così come la scelta delle inquadrature, non hanno una semantica ben definitiva e si ingarbugliano pur di generare spasmodicamente una sorta di tensione all’interno delle varie sequenze. L’amore impossibile è uno dei temi centrali del film, così come le visioni profetiche rivelate dalla femme fatale di nome Karin, con la quale il protagonista instaura, potenzialmente, un affascinante quanto sfuggente rapporto.

 

Nonostante l’ottima premessa, tale relazione manca di eros e di pathos durante le scene con i due protagonisti, e i dialoghi ben presto vengono annacquati da discorsi scontati. In Die Theorie von Allem (La Teoria del Tutto) certamente ci si focalizza sulla forza creativa e deformante delle immagini nel cinema in quanto strumento, ma sono proprio la coesione e la coerenza a lasciare prima del tempo il suggestivo sfondo di partenza. Troppe sono le volte in cui ci si perde in un racconto sfilacciato e ripetitivo, altrettante quelle in cui non c’è una risposta agli interrogativi, senza però che ciò abbia un qualsivoglia significato. Il multiverso è un mero tentativo di fare tendenza, e il tema del doppio non viene mai affrontato realmente e resta sullo sfondo come un’ossessione, ragion per cui il film tedesco in concorso a Venezia 80 affascina per l’estetica e per il soggetto di base, ma il canovaccio della narrazione è debole, poco concreto e banalmente derivativo.

Voto:
2/5
Andrea Barone
2/5
Gabriele Maccauro
2.5/5
Bruno Santini
2/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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