Articolo pubblicato il 12 Ottobre 2023 da Alessio Minorenti
Distribuito nelle sale di tutto il mondo il 28 settembre 2023, The Palace è l’ultima pellicola di Roman Polanski. Il film è stato presentato il 2 settembre in anteprima mondiale al Festival del cinema di Venezia fuori concorso. L’opera ha fatto parecchio discutere pubblico e critica, finendo per creare due fazioni ben distinte tra chi lo difende, chiudendo un occhio sui difetti, e chi lo massacra senza appello, dunque appare legittimo chiedersi: quale è il significato di The Palace?
Il significato di The Palace di Roman Polanski
Scrivere riguardo il significato di una pellicola significa indossare completamente le lenti della propria soggettività e dare una forma compiuta al contenuto di un’opera d’arte, che è per sua natura sfuggente. Una premessa per evitare di risultare ipocriti è tuttavia doverosa: per chi scrive questo articolo The Palace è il film peggiore della carriera di Roman Polanski, nonché un pessimo film in generale. Il significato della pellicola, a meno di compiere veri e propri voli pindarici nella sua interpretazione, appare in verità piuttosto banale. Quello che viene mostrato a schermo porta a pensare che l’intento primario di Polanski fosse quello di sottolineare come il mondo del nuovo millennio finirà per essere dominato da una borghesia e una classe dirigente assolutamente inadeguate, volgari e classiste. Praticamente tutti i personaggi presenti nel film infatti sono repellenti alla vista e disgustosi moralmente, pronti a ricorrere a qualsiasi tipo di sotterfugio pur di accaparrarsi una fetta della torta.
Una volta dunque preso atto del significato della pellicola bisogna domandarsi se gli strumenti utilizzati dal regista per veicolarlo siano adeguati a raggiungere tale fine ed è qui che la pellicola naufraga fragorosamente. Nessuno si aspettava che dopo il meraviglioso L’Ufficiale e la spia Polanski potesse ripetersi sugli stessi livelli, questo un pò a causa del tenore decisamente più modesto della produzione e anche vista l’età del cineasta. Le aspettative tuttavia non contemplavano un risultato così terribile. E’ sconcertante come questa pellicola, visto l’autore che vi è dietro, non abbia nella sua durata di quasi due ore nemmeno un singolo spunto visivo degno di nota e di come riesca a non strappare nemmeno una risata, nonostante di ponga l’obiettivo di essere una commedia nera. A essere sconcertante è poi il fatto che la profondità tematica dell’opera non vada oltre una lettura di primo livello. Non vi sono sottotesti stimolanti, mancano risvolti inattesi e latita persino la coesione narrativa, tutto appare come inconcepibilmente brutto e disordinato.

The Palace è una merda d’artista?
Diversi spettatori e parte della critica hanno tentato di difendere la pellicola e il suo significato tirando in gioco un’opera di più di 60 anni fa, ovvero Merda d’artista di Piero Manzoni. Questa lettura appare tuttavia, sempre a parere di chi scrive, molto forzata, se non del tutto erronea. In primo luogo non si riesce a cogliere il senso di riproporre una provocazione così vetusta al giorno d’oggi, come disse infatti Pasolini l’avanguardia rischia di essere già vecchia per definizione e molto raramente sopravvive alla prova del tempo, particolarmente se fa del polemismo la sua unica ragion d’essere. In secondo luogo il punto della provocazione di Manzoni era di dimostrare che la figura dell’artista, già nel Novecento, aveva assunto un’importanza molto maggiore rispetto a quella dell’opera in sé e che dunque i “fan” di un certo autore sarebbero stati disposti a sforzarsi di trovare un significato, seppur astruso e insensato, anche al peggiore dei suoi lavori, pur di difenderne la reputazione. Ciò che appare piuttosto comico è che un’opera d’arte con questo significato sia stata utilizzata dagli appassionati di un regista al fine di giustificarne l’operato, assumendo dunque quello stesso atteggiamento che Manzoni voleva criticare.
Non vi è alcuna evidenza che Polanski abbia adottato il procedimento dell’artista italiano nella realizzazione del suo film che, sfortunatamente, è una sciatta e pigra satira sociale. La pellicola non offre alcuno spunto di riflessione che derivi dai suoi elementi prettamente cinematografici e non esprime nemmeno un giudizio particolarmente negativo nei confronti dei suoi protagonisti, quasi non ne abbia voglia. Come accadeva anche nei Cinepanettoni e altre commedie di bassa lega, il comportamento dei personaggi non è mai stigmatizzato e non vi è mai una presa di posizione sufficientemente netta da rendere il film moralmente accettabile. Partendo dai presupposti logici che hanno spinto molti a salvare questa pellicola, ci si potrebbe spingere verso territori finora inesplorati e andare a giustificare anche le più misere creazioni artistiche. “Se incontri un buddha uccidilo” non è un monito molto popolare nell’attuale contesto culturale, molto più interessato alla santificazione in vita che a una sana analisi critica.