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Recensione – Skinamarink: il primo film horror di Kyle Edward Ball

A fari speni, proprio come lo stesso film, arriva disponibile in Italia anche il tanto chiacchierato Skinamarink, considerato tra i gli horror più spaventosi di sempre.
La recensione del primo film horror di Kyle Edward Ball Skinamarink

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Skinamarink
Genere: Horror
Anno: 2022
Durata: 100 min
Regia: Kyle Edward Ball
Sceneggiatura: Kyle Edward Ball
Cast: Lucas Paul, Dali Rose, Ross Paul, Jaime Hill
Fotografia: Jamie McRae
Montaggio: Kyle Edward Ball
Paese di produzione: Canada

Debutto alla regia in un lungometraggio per il canadese Kyle Edward Ball, il film del 2022 “Skinamarink” è un horror che ha saputo far parlare molto di sé, con il passaparola – soprattutto negli Stati Uniti – che si è rivolto al film come “uno dei più spaventosi di sempre”. Sarà davvero così? Ecco di seguito la recensione di “Skinamarink”, primo film scritto e diretto da Kyle Edward Ball.

La Recensione del film di Kyle Edward Ball Skinamarink

Skinamarink: il caso del film horror “più spaventoso di sempre”

Il film horror più spaventoso di sempre”, “Non riuscirai più a dormire” ecc…esagerazioni queste che fanno parte del gioco della commercializzazione di un prodotto cinematografico e televisivo per attirare quanto più pubblico possibile. È il caso anche di “Skinamarink”, il primo lungometraggio scritto e diretto dal regista canadese Kyle Edward Ball, sebbene tali etichette non provengano questa volta dalla produzione o da certa critica specializzata, con il film che ha iniziato a far parlare di sé in maniera non convenzionale… ma andiamo con ordine. Il regista, prima di approdare alla regia cinematografica, gestiva il canale YouTube “Bitesized Nightmares” nel quale caricava contenuti basati sugli incubi che venivano suggeriti e confessati dagli utenti. Il cortometraggio del 2020 “Heck” si muove proprio in tal senso, sviluppando l’idea di rappresentare una delle paure che accomuna un po’ tutti quanti: quella del buio, dell’ignoto. Il corto è stato poi una vera e propria prova generale per poter realizzare successivamente “Skinamarink”.

 

La particolarità a cui si accennava poc’anzi riguarda proprio la distribuzione del film. Questo è stato infatti presentato in anteprima al 26° Fantasia Film Festival di Montreal il 25 luglio 2022, in occasione del quale ha registrato alti consensi ma, allo stesso tempo, ne è uscito sicuramente ridimensionato. Un problema tecnico del Festival, infatti, ha permesso che il film finisse online, con la pirateria che ha poi fatto il resto e “Skinamarink” in pochissimo tempo è diventato virale specialmente negli U.S.A. Attraverso TikTok, Reddit e Twitter. In questa dimensione online il film ha goduto di un incredibile passaparola tra gli utenti, facendo anche nascere una challenge della serie “prova a vederlo fino alla fine se ci riesci“; tutto questo proprio perché “Skinamarink” passava di bocca in bocca (da tastiera a tastiera) proprio grazie all’etichetta attribuitagli dagli stessi utenti di “film più spaventoso di sempre”. A gennaio 2023 il film è stato infine distribuito in cinema selezionati negli U.S.A., in Canada e nel Regno Unito, arrivando ad incassare attualmente più di 2 milioni $ a fronte di un budget di 15.000 (in gran parte finanziato proprio grazie al crowdfunding) e diventando un grande fenomeno commerciale. Il film di Ball è stato poi rilasciato a febbraio sul servizio streaming horror Shudder, per poi approdare successivamente anche su Prime Video per il canale della Midnight Factory. Con “Skinamarink” si parla dunque di un progetto sperimentale che, grazie soprattutto al passaparola, è diventato un vero e proprio fenomeno, ma si tratta veramente del “film horror più spaventoso di sempre”? Ecco di seguito trama e recensione di “Skinamarink”.

Skinamarink: la trama del film di Kyle Edward Ball

<<Ho avuto un incubo quando ero piccolo. Mi trovavo a casa dei miei genitori ed erano misteriosamente scomparsi. In più nella casa si stava aggirando un mostro. Ho trovato che molte persone hanno condiviso esattamente lo stesso sogno.>>. Questa la confessione del regista di Skinamarink Kyle Edward Ball per quanto concerne proprio l’idea di base del suo primo lungometraggio da regista, ovvero rappresentare un suo personale incubo che potrebbe essere anche lo stesso di molti altri. Parlare di “trama” con questo film potrebbe essere addirittura fuorviante in un certo senso, con la visione sperimentale che si avvicina al cinema surreale e che vive principalmente per l’esperienza che vuole trasmettere. In ogni caso, “Skinamarink” parla del piccolo Kevin di 4 anni che, dopo essere stato portato dal padre in ospedale a causa di un incidente, si risveglia nel cuore della notte iniziando a vivere un’esperienza da incubo. Insieme alla sorella 2 anni più grande Kaylee, infatti, i due si ritrovano da soli nell’appartamento, dove finestre e porte a poco a poco iniziano a sparire del tutto. Forse, però, i due bambini non sono da soli in casa, in quanto sembrerebbe aggirarsi per i corridoi una misteriosa presenza.

Skinamarink è il primo film horror di Kyle Edward Ball

Skinamarink, la Recensione: il terrore di un bambino dentro ognuno di noi

Arthouse”, “film artistico”, “cinema d’essai”, il primo film horror del regista canadese Kyle Edward Ball potrebbe tranquillamente finire etichettato entro questi confini, sebbene la concezione di “sperimentale” possa essere quello più rappresentativo. “Skinamarink” è sicuramente un film che nel suo concreto astrattismo vuole vivere principalmente di atmosfera e di sensazioni avvicinandosi, senza buttare in mezzo inutili paragoni, ad altri film horror a loro modo sperimentali come possono essere stati “Eraserhead” di David Lynch o “Begotten” di E. Elias Merhige. Un film questo che, infatti, non viene accolto positivamente per i canoni basilari del cinema quali lo sviluppo narrativo o l’interpretazione del cast, ma per l’incredibile potenza nel trasmettere una condizione forte e personale come quella della paura. Chi più chi meno, tutti hanno avuto il terrore del buio, dell’ignoto, di rimanere a casa da soli mentre iniziano a sentirsi quei sinistri scricchiolii di una porta o il roboante rumore notturno del motore di un frigorifero, perché tutti siamo stati bambini.

 

Ball ambienta così il suo primo film nella sua stessa casa d’infanzia, utilizzando i suoi stessi giocattoli e ponendo la macchina da presa ad altezza bambino, con l’interno dell’appartamento che si fa di volta in volta sempre più ampio, distante ed oscuro. Un’operazione assolutamente personale del regista che, come anticipato, tende a rappresentare su schermo una paura comune e, se non ancora viva e presente, che rimane quasi sicuramente nel ricordo di questi attimi di disagio. Quest’ultima sembrerebbe la condizione più forte restituita allo spettatore da “Skinamarink”, con il regista che sfruttando in maniera esaustiva le ISO predilige shot dall’ampio respiro, in un’ambientazione inghiottita dall’oscurità. Le sole fonti di luce presenti sono infatti lo schermo della TV ed una piccola lampada LED, con un sound-design essenziale nell’evocazione della giusta atmosfera da brivido e fastidiosamente sporca. A proposito dell’audio, lo stesso Bell dichiara di come la scelta dei sottotitoli sia stata appositamente scelta sia come ulteriore prova tecnica e sia dal punto di vista funzionale dell’esperienza, con l’ingombrante silenzio – ed il risultato del lavoro sul sonoro – dell’appartamento che sovrasta anche le scarse linee (ma essenziali) di dialogo.

 

Una durata probabilmente eccessiva nei suoi 100′ (sebbene, anche in questo senso, una notte da solo in casa duri delle ore e l’esasperazione del minutaggio si muoverebbe anche in questo senso), una rappresentazione scenica respingente e, soprattutto, la mancanza di una trama narrativa vera e propria (di cui, tuttavia, si affronterà bene a breve) non rappresentano sicuramente un ottimo biglietto da visita verso chi voglia approcciarsi alla visione di “Skinamarink”. In un’inevitabile polarizzazione, il regista con il suo primo fine intende raccontare un’esperienza personale e, con il secondo, richiede senza nascondersi allo spettatore la pazienza adeguata per immergersi in una visione di questo tipo, abbandonandosi al disagio dell’oscurità, dell’ignoto e della memoria. Se si è infatti disposti a bilanciarsi sulla stessa linea d’onda del regista, il film riesce pienamente a rappresentare su schermo quella paura primordiale ed inscalfibile, in modo distorto ed anticonvenzionale, in un periodo in cui “uscire dagli schemi” rappresenterebbe spesso una marcia in più. Tuttavia, risulta alquanto riduttivo relegare la visione di “Skinamarink” al matra di “non tentare di comprenderlo. Sentilo!”, per un horror che non vive solo di tensione ed atmosfera da brivido – ma capace di sgomentare in qualche occasione – e dove la trama sembrerebbe essere solo apparentemente assente.

Skinamarink, la Recensione: sogno e coma, incubo e realtà per un film nascosto e stratificato

Riferirsi ad una “trama” quando si affronta la recensione del primo film di Kyle Edward Ball risulterebbe infatti un’azione ardita, in quanto il silenzio e l’astrattismo di “Skinamarink” lascerebbe allo spettatore una grande libertà interpretativa. Tuttavia, molte “briciole” vengono seminate in giro dai canadesi Hansel e Gretel durante la visione, riferendosi anche alla strega, ovvero alla misteriosa ed oscura entità che sembrerebbe aggirarsi per quei corridoi sempre più stretti che, alla fine, potrebbe rivelarsi proprio il padre degli stessi. Il film infatti si apre con la telefonata di quest’ultimo, nel quale annuncia (presumibilmente alla madre di loro) che Kevin ha avuto un incidente sulle scale e per il quale è stato portato al pronto soccorso. Dalla visione molti sarebbero infatti gli indicatori per rilevare il padre come un uomo violento e che potrebbe essere stato direttamente lui stesso a spingere il bambino giù per le scale, facendolo finire in coma: da qui in poi, quello che sembrerebbe essere un incubo per i due bambini si rivelerebbe essere frutto della distorta mente di Kevin in stato comatoso.

 

La madre viene infatti spesso ricercata dal bambino, sebbene la sorella non ne voglia parlare forse per non rievocare vecchi traumi o perché, proprio in seguito a questi, la madre se ne potrebbe essere presumibilmente andata via, dal suo punto di vista “abbandonandoli”. Questa ricerca viene infatti ripresentata anche durante una sequenza agghiacciante dove la stessa è seduta sul letto e, poco prima di essere attaccata dall’entità, dice di volere molto bene a Kevin e a sua sorella, chiedendogli però di chiudere gli occhi, rievocando appunto una situazione familiare in cui la madre abbia subito violenza dal marito. La cavernosa voce demoniaca che attira i bambini con autorità “paterna”, la mancanza di emotività nel raccontare l’episodio dell’incidente ed altri elementi più o meno espliciti spingerebbero proprio verso la teoria dell’oppressione del padre violento, con riferimenti ad un presunto abuso anche nei confronti della sorella Kaylee privata di occhi per vedere e bocca per poter raccontare cosa le è successo.

 

La questione del coma di Kevin verrebbe invece esplicitata nell’atto conclusivo di “Skinamarink”, sebbene la visione abbia continuamente dato i suoi indizi. Si fa riferimento infatti innanzitutto al misterioso numero del 527 giorni che, al capolinea di un freddo ed interminabile corridoio (ospedaliero), potrebbero proprio essere i giorni di coma per Kevin. Questo continua infatti perpetuamente a cercare di rievocare l’orrore di quella notte per poter mantenere, paradossalmente, un punto di contatto con la vita (in tal senso, emblematica la sequenza in cui vengono mostrati schizzi di sangue sul pavimento che, ciclicamente, si cancellano per poi essere ripresentati nuovamente). In questo supplizio ed interminabile processo, tuttavia, la memoria inizia a fare cilecca, gli immobili della casa iniziano a perdere la propria posizione sulla moquette ed il volto delle persone care iniziano inevitabilmente a cancellarsi.

 

Nell’agghiacciante finale, seduta accanto a Kevin sul letto d’ospedale è presente una figura femminile, che altro non è se non la madre rimastagli affianco ma che, purtroppo, gli comunica ed anzi gli chiede amorevolmente di “andare a dormire”, per una situazione ormai irreversibile e di assoluta sofferenza per il bambino. Si è consapevoli che tutto ciò possa essere solo frutto dell’interpretazione che si vuole dare ad un film emblematico come “Skinamarink”, ma l’operazione risulterebbe infine solo quella di unire semplicemente i “puntini” costruiti dal regista nel suo film. Un’opera che, seguendo tale rotta, metterebbe sul piatto d’analisi anche la violenza domestica, la rottura del nucleo familiare e, addirittura, il tema dell’eutanasia. Attraverso questo “gioco interpretativo” si intende quindi riconoscere qualcosa di più alla semplice visione di “Skinamarink”, il quale vive e convince già di suo per la sua peculiare impostazione della messa in scena, capace caparbiamente di rievocare su schermo una paura primordiale insita nell’essere umano.

Voto:
4.5/5