Recensione – Come sempre a Natale, la commedia natalizia su Netflix

La piattaforma di streaming Netflix ha incluso diversi prodotti natalizi nel suo servizio, tra cui Come sempre a Natale, per cui si offre una specifica sul risultato.
Recensione - Come sempre a Natale, la commedia natalizia su Netflix

Articolo pubblicato il 24 Dicembre 2024 da Christian D'Avanzo

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Come sempre a Natale
Genere: Commedia
Anno: 2023
Durata: 89 minuti
Regia: Petter Holmsen
Sceneggiatura: Petter Holmsen
Cast: Ida Ursin-Holm, Kanan Gill, Martit Adeleide Andreassen, Vslemøy Mørkrid
Fotografia:
Montaggio:
Colonna Sonora:
Paese di produzione: Norvegia

Come sempre a Natale è una commedia natalizia che ha fatto il suo esordio in streaming a partire dal 6 dicembre 2023, in tutti i paesi in cui è attualmente presente il servizio. Con la regia di Petter Holmsen, il film racconta di un incontro tra culture che diventa causa di uno scontro tra due realtà diametralmente opposte. Ma quale sarà stato il risultato? Di seguito, viene indicata la trama e la recensione del film. 

La trama di Come sempre a Natale, la nuova commedia su Netflix

Nel presentare la recensione di Come sempre a Natale, è importante – come sempre – partire dalla trama della commedia natalizia su Netflix. La sinossi è la seguente:

Arrivati a Rauland, piccolo paese rurale freddo e innevato, le cose cominciano ad andare male: incomprensioni, cucina piccante e luoghi comuni portano la coppia ad allontanarsi, mandando in rovina le tradizioni natalizie tipiche della famiglia di Jashan.

La recensione di Come sempre a Natale: un anti-cinepanettone a metà?

Con Come sempre a Natale Netflix continua con il suo percorso annuale di prodotti rilasciati direttamente in streaming nel mese di dicembre, con il chiaro intento di ottenere un’attenzione maggiore, da parte del suo pubblico, in virtù di quello spirito natalizio che viene riprodotto, nella maggior parte dei casi, da uno sforzo estetico più che concettuale da parte dei lungometraggi. Non che ci sia qualcosa di male, nell’intento della piattaforma che sfrutta uno dei principi più blandi e immediati del marketing, ma il risultato anche in questo caso non può dirsi assolutamente riuscito. Come sempre a Natale parte dal presupposto di servirsi del clima della commedia e dell’ambiguità ilare tra i personaggi per affrontare temi che hanno a che fare con il confronto tra culture, il razzismo e la pretesa di un’identità sociale che passi attraverso la reiterazione della tradizione, pur tuttavia non riuscendo a dare spessore ad un’idea che, di per sé, risulta essere tutt’altro che originale ma che, nel contesto di un lungometraggio leggero per sua etichetta, avrebbe potuto trovare un maggiore approfondimento. Da un lato una fervente norvegese attaccata alla propria famiglia e alla ripetizione di tutti quegli elementi di costume che si svolgono nel contesto del Natale, dall’altro un indiano che tenta di venire incontro alla tradizione di un paese ospitante, ma che preserva comunque la sua integrità rispetto a forme di razzismo che, pur non essendo manifeste in atti di rigetto, si intravedono sotto forma di intolleranza. Come sempre a Natale tenta di parlare, allora, di un risvolto differente rispetto al razzismo di cui parla, non affidandosi tanto a slogan e parole turpiloquio da parte della famiglia di lei, quanto più ad espedienti che dimostrano quanto difficile sia il contatto tra culture, a partire dall’aspetto culinario, specie quando non si è in grado di fare un passo verso l’altro.

È in questa idea che manca, però, il mordente di cui il film avrebbe necessariamente bisogno: il proposito di fondo è mostrare lo scontro tra una visione progressista della vita che si oppone ad uno sguardo maggiormente conservatore, nonostante quest’ultimo prenda piede nella tanto liberista Norvegia. Nel porre subito le mani avanti, il film si affida alle parole di uno dei personaggi, Anna-Lise, per sostenere che “di solito si è tolleranti, a Natale no”, quasi come il tema stesso del razzismo e del confronto tra culture possa diventare, in assenza di un giusto modo di maneggiarlo, offensivo per l’uno o l’altro popolo. Al di là di questo presupposto, che potrebbe passare anche in secondo piano rispetto ad una scrittura intelligente o ispirata dei personaggi, si osserva un trattamento delle situazioni che non va mai oltre la sterile ambiguità che si tenta di mettere in piedi. Per struttura e contenuti, un film di questo genere ricorda quasi la tradizione degli anti-cinepanettoni italiani: film che muovono i loro passi dal successo e dall’etichetta del panettone per presentare, nel medesimo contesto natalizio, situazioni che facciano a meno dell’esagerazione, del turpiloquio e dell’esasperazione dei corpi. Tuttavia, il potenziale di questi film si ritrova in un parossismo che genera il grande umorismo di tali pellicole: un film come Il peggior Natale della mia vita, per citarne uno, esagera nella presentazione di quella sfortuna esistenziale che investe il protagonista interpretato da Fabio De Luigi, tra parti in acqua che diventano tragicomici e locande che vengono distrutte da un mancato utilizzo del freno a mano. In Cena tra amici, uno dei capostipiti del genere, è invece l’ossessione per il nome del nascituro il motivo di un eccesso di comicità che va oltre il blando. In Come sempre a Natale non c’è nulla di tutto questo, affidando al solo stile di cucina differente il motore di quel contrasto tra chi ama e chi non ama il cibo speziato: un risultato piuttosto semplicistico, per certi versi addirittura banale, per chi vuole parlare di culture, di razzismo e di tradizione. 

Per il resto, il film norvegese affida a didascalie extradiegetiche elementari e ad una scenografia molto blanda, soprattutto date le possibilità del territorio, l’aspetto tecnico di un film che non primeggia certamente per impegno; l’atmosfera natalizia tanto decantata, per il resto, viene riprodotta dal classico utilizzo di una colonna sonora di classici che vengono intervallati, sembra più questo elemento ad essere razzista, dalle classiche sonorità indiane, quando si parla di cucina o di spezie. Il tutto in una gestione dei volti, non giungendo neanche ad una recitazione vera e propria, che trova il suo massimo spessore nel sorriso fac-simile del vicino di casa o nel viso arrossato di una madre che non regge troppo il piccante.

Voto:
1.5/5
Gabriele Maccauro
1/5
Arianna Casaburi
1.5/5
0,0
0,0 out of 5 stars (based on 0 reviews)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

PRO