Articolo pubblicato il 18 Febbraio 2024 da Bruno Santini
Distribuito sulla piattaforma di streaming Netflix a partire dal 16 febbraio 2024, in tutti i paesi in cui è attualmente attivo il servizio, Einstein e la bomba è un nuovo docu-drama che vede la regia di Anthony Philipson e l’interpretazione – nel ruolo di protagonista – di Aidan McArdle, che per la terza volta veste i panni di Albert Einstein, dopo le esperienze televisive di E=mc2 e Nova. Ma con quale risultato? Di seguito, la trama e la recensione di Einstein e la bomba.
La trama di Einstein e la bomba, il docu-drama Netflix diretto da Anthony Philipson
Come di consueto, prima di procedere con la recensione del docu-drama Netflix che vede la regia di Anthony Philipson, si indica innanzitutto la trama di Einstein e la bomba. Come si può immaginare, il film si ascrive a quella tradizione storiografica del personaggio che è stato raccontato – anche in termini minori – anche in Oppenheimer di Christopher Nolan. Si parla delle scoperte scientifiche del più grande fisico della storia, a partire dalla teoria della relatività, e delle conseguenze di tali teorie che trovano fondamento nella nascita della bomba atomica. Il tutto nel contesto difficile della vita dello scienziato, costretto ad abbandonare la Germania nazista e trasferitosi prima in Gran Bretagna, dove ha tenuto il celebre discorso al Royal Albert Hall di Londra, poi negli Stati Uniti, dove ha inviato una lettera al Presidente Roosevelt che si suppone abbia dato avvio al Progetto Manhattan.

La recensione di Einstein e la bomba: un docu-drama davvero necessario?
Raccontare una figura come quella di Albert Einstein è stato un processo spesso realizzato nel corso della storia del cinema e della televisione, soprattutto in virtù dell’indagine relativa al coinvolgimento del celebre scienziato e fisico. L’ultimo grande esempio è stato quello di Oppenheimer, il film di Christopher Nolan che lascia al protagonista (interpretato da Cillian Murphy) e proprio ad Einstein l’ultima scena, relativa ai reali coinvolgimenti del mondo della scienza in quel disastro globale che si avverte con lo sgancio della Bomba Atomica sulla città di Hiroshima. Fin da subito, allora, Einstein e la bomba si ascrive ad una tradizione che potremmo definire “di tendenza”, soprattutto in questo momento storico, e per cui può valere anche l’equazione di minimo sforzo che corrisponde a massimo risultato. Il docu-drama, però, tenta di ricostruire – senza la reale pretesa di approfondimento – la figura del fisico e scienziato con un presupposto di fondo intelligente: servirsi solo (ed esclusivamente) delle parole realmente pronunciate in vita da Einstein, per restituire il più concreto esempio di film che si basa su una storia vera e che non romanza alcun aspetto.
La scelta può dirsi riuscita, e costituisce anche il nucleo fondamentale di un docu-drama che permette di conoscere realmente Einstein non attraverso un racconto filtrato di parti terze, ma per mezzo delle sue stesse parole, che vengono riorganizzate, selezionate a dovere e incollate per forza di un grande lavoro di mosaico. In tal senso, quella di Einstein e la bomba è un’intelligente pastiche di parole, espressioni e pensieri del fisico che vengono organizzati per volere del prodotto Netflix, ma non sempre tale lavoro può dirsi riuscito: talvolta l’utilizzo di una determinata frase appare forzato, in altri casi invece ci si affida al silenzio o all’espressione facciale per evitare l’utilizzo di termini di circostanza che non sono stati realmente pronunciati da parte dello scienziato. Non aiuta l’interpretazione di Aidan McArdle che, benché non sia nuovo ad un ruolo di questo genere, non regala certamente la più emblematica delle prestazioni, in un docu-drama che sembra basarsi più su altro. Molto spesso, in effetti, sono più incisive le parole in voice over, che vengono pronunciate mentre si osservano immagini e video della Germania nazista, di Hitler o dei numerosi spostamenti realizzati da Einstein in vita; il lavoro di archivio è ottimo, così come la selezione di materiale non certamente comunissimo (soprattutto nella parte finale, quando si mostrano gli effetti fisici della Bomba Atomica), mentre quello di fiction appare quasi il frutto di un compitino.
Netflix non è nuova a lavori di questo genere, che tentano di riattualizzare personaggi o elementi storici in forma ibrida: ma è davvero necessario? Se, narrativamente, scegliere di parlare ancora una volta di una figura come quella di Albert Einstein non è un qualcosa di necessariamente sbagliato – poiché si può sempre avere qualcosa da dire a proposito di un uomo così complesso -, ad essere sovrabbondante è proprio la formula del docu-drama, con un utilizzo blando della fiction e con il ricorso ad una tecnica piuttosto “facilona” (con qualche strafalcione visivo, come nella scena della corsa contro la luce). Il genere del documentario meriterebbe maggiore espressione, date le sue grandi potenzialità e considerando che – se fosse posto per quel che è realmente e senza la volontà di renderlo più “attrattivo” – avrebbe tanto da raccontare.