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Recensione – La Sposa Cadavere: la vita e la morte secondo Tim Burton

La Sposa Cadavere è il primo film d’animazione diretto da Tim Burton e che ha contribuito ad affermare sempre di più l’importanza del suo cinema.
Recensione: La Sposa Cadavere di Tim Burton

Recentemente tornato al cinema nelle ultime settimane, La Sposa Cadavere è il primo film d’animazione diretto da Tim Burton, il quale condivide la macchina da presa con Mike Johnson (qui al suo unico lavoro da regista). Perché, dopo tutti questi anni, il lungometraggio è ancora oggi una delle opere più iconiche dell’amato autore?

La trama di La Sposa Cadavere di Tim Burton

La Sposa Cadavere è ispirato al racconto Il Dito che è stato scritto dal rabbino Isaac ben Solomon Luria. Il film infatti presenta la seguente trama:

“Nell’Inghilterra dell’Ottocento, Victor, il figlio di due mercanti di pesce che hanno fatto fortuna, è stato promesso in sposa ad una ragazza di nome Victoria, figlia di due nobili caduti in disgrazia. Nonostante l’ottima alchimia tra i due partiti, Victor crea involontariamente un disastro durante le prove del matrimonio e si allontana dai suoi parenti. Mentre si esercita per imparare il giuramento infila, senza saperlo, un anello al dito di una donna morta di nome Emily. Quando questa si risveglia, conduce Victor nel mondo dell’aldilà, credendo che lui sia il suo nuovo sposo.”

Recensione - La Sposa Cadavere: la vita e la morte secondo Tim Burton

La recensione di La Sposa Cadavere di Tim Burton

L’esordio alla regia di Tim Burton per un lungometraggio animato rappresenta un’importante innovazione nel campo della stop motion: il film infatti è la prima opera portatrice di questa tecnica ad essere girata in digitale, permettendo un lavoro nell’illumnazione e nella posizione delle inquadrature che erano completamente inediti all’epoca. Ancora più innovativo è il lavoro sulle facce dei personaggi, poiché i modelli in stop motion sono stati volutamente ingranditi per permettere agli animatori di modellare i minimi dettagli (come il battito delle ciglia o i movimenti degli occhi e delle labbra) direttamente sul set, quando nelle opere animate precedenti si ricorreva semplicemente alla sostituzione di numerose teste con espressioni completamente diverse. Il risultato permette una libertà espressiva eccezionale, soprattutto nei movimenti musicali pieni di dinamiche coereografie, come le sequenze del brano Remains Of The Brains ispirato al cortometraggio Disney La Danza Degli Scheletri. Il tutto è accompagnato dalla splendida fotografia di Pete Kozachik che ritrae il regno dei morti con colori caldi e luminosi mentre quello dei morti con colori grigi e spenti, mentre le musiche di Danny Elfman colpiscono dritte al cuore per evidenziare la profonda emotività dei personaggi.

Prima di parlare della rappresentazione della morte, è opportuno focalizzarsi sul regno dei vivi, il quale non appare particolarmente allegro: la società viene ritratta attraverso un’atmosfera apatica, mentre i cittadini di Londra hanno musi sconsolati, quasi assenti. La città infatti segue uno schema che impedisce alle persone di provare delle emozioni che vanno al di fuori delle loro abitudini quotidiane in cui la voglia di sognare è completamente eslusa. Non è un caso che uno spazzino usi la scopa con gli stessi identici movimenti del pendolo di un orologio, sottolineando la meccanicità di una vita fredda, prevedibile ed insoddisfacente. La già citata fotografia del mondo dei vivi è infatti grigia ed evidenzia ancora di più la mancata presenza di anima e di immaginazione. Tutto questo è profondamente in contrasto con la figura di Victor, il quale viene subito presentato agli spettatori come una persona sensibile che ama disegnare e suonare. Invece i genitori di Victor, Nell Van Dort e William Van Dort, sono dei pescivendoli che si sono arricchiti e che vogliono che il loro figlio sposi una nobile affinché loro possano diventare membri dell’alta società, quasi come se la felicità del figlio fosse irrilevante.

Un esempio di questa irrilevanza è l’ossessione della madre di Victor di non sporcarsi il suo costoso vestito, lo stesso vestito che le impedisce poi di entrare nella carrozza a causa della crinolina troppo grande, mostrando quindi tutta la ridicolaggine delle ambizioni che seguono puramente l’apparenza. Invece i genitori di Victoria, Maudeline Everglot e Finis Evlegot, sono degli aristocratici falliti che non hanno più soldi. Loro, in quanto aristocratici, disprezzano i pescivendoli vedendoli inferiori a loro, ma allo stesso tempo vogliono che Victoria si sposi con Victor esclusivamente per avere la ricchezza dei loro beni, tornando agli antichi fasti. I genitori di Victor ambiscono quindi all’ascesa nobile, mentre quelli di Victoria ambiscono a quella economica, quindi obiettivi diversi ma anche identici, perché entrambi sono accomunati dal desiderio di appartenere all’alta classe sociale. In una dinastia evidenziata da volti sempre uguali a sé stessi (mostrati nei dipinti dei nobili) Victoria, vista da entrambi i genitori come una pecora nera, è diversa ma questo non è importante purché porti fortuna alla famiglia. Invece Victoria pone molta più attenzione ai sentimenti ed infatti ha paura che lei e Victor non si piacciano, ma i genitori le rispondono che questo non c’entra con il matrimonio. Victoria chiede ad entrambi che loro due non dovrebbero amarsi ed entrambi rispondono di no. Attraverso tale dialogo, Tim Burton evidenzia satiricamente come i nobili, in nome della ricchezza, frequentino solo persone che odiano.

Il fatto che gli Evlegot facciano sposare Victoria con individui che disprezzano pur di non essere poveri è infatti un’altra dimostrazione di questo egoismo così assurdo. Persino il loro maggiordomo è pregiudizioso verso i pescivendoli appena entrano in casa. I due nobili sono anche impossibilitati a sorridere perché ormai sono contaminati da quella cinica freddezza senza amore, tanto che quando Finn ci prova sembra avere una paresi facciale in una scena comica e grottesca. Al di là delle proprie origini, nobili o povere, Burton condanna la pochezza dell’ossessione verso una scala sociale che arricchisce tutto tranne che l’anima.

La Sposa Cadavere: la recensione del film di Tim Burton

Gli emarginati di Tim Burton in La Sposa Cadavere

In un’altra scena in cui i genitori di Van Dort, una volta entrati in casa, rimangono rapiti dalla ricchezza della struttura, Victor, essendo un artista, si lascia affascinare dal pianoforte e comincia a suonarlo. Victoria, anch’essa sensibile, trova la musica meravigliosa ed è così che si avvicina a Victor. Tim Burton mostra quanto l’espressività data da un’arte sia in grado di avvicinare le persone. Una volta che si è approcciata a Victor, Victoria rivela che sua madre non le permette di suonare perché la musica è troppo passionale per una signorina. Burton evidenzia quindi la tristezza di una borghesia che dice che cosa fare alle persone, impedendo loro di esprimersi per rispettare i canoni di una società che, così facendo, continua a rimanere indietro. In questo caso l’autore attacca anche il patriarcato, il quale impedisce a Victoria, in quanto donna, di esprimersi nelle arti.

Victor e Victoria sono diversi dai loro genitori nonostante il contesto in cui sono cresciuti, evidenziando ancora una volta il possibile distacco di un individuo sensibile educato in una società borghese e completamente diversa da lui, concetto affrontato già in Beetlejuice: Spiritello Porcello ed in Mars Attacks! e che ritorna in modo prepotente qui. Questo concetto è sempre stato uno degli elementi più personali di Tim Burton e non è un caso che il protagonista si chiami Victor, richiamando al piccolo bambino del cortometraggio Frankenweenie, personaggio che esprimeva proprio il lato dell’infanzia dell’autore. Victor quindi rappresenta un Tim Burton cresciuto ed ancora profondamente a disagio con il mondo che lo circonda, ma non per questo meno voglioso di amare l’arte e di sperimentare. A questa crescita di Tim Burton si aggiunge il personaggio di Victoria, il quale ha lo stesso nome della sua controparte maschile poiché rappresenta, semplicemente, un altro lato della personalità del regista, il quale considera ogni suo personaggio da lui rappresentato come parte di sé.

Victor è molto timido ed ha difficoltà ad esprimersi, ma Victoria vede in lui quell’animo dolce andando oltre le apparenze. I due si piacciono subito, ma il loro amore viene spesso interrotto da tutte le pratiche borghesi del matrimonio, rendendo Victor sempre più impacciato. La tradizione sociale quindi impedisce ad un amore di muoversi liberamente anche nei momenti in cui l’obiettivo di una cerimonia sarebbe, ironicamente, unire due persone. Attraverso Victor, Tim Burton evidenzia le difficoltà dell’emarginato, il quale, durante le prove del matrimonio, non riesce a pronunciare bene un giuramento che gli viene imposto dalla Chiesa per esprimere i suoi sentimenti, con il prete che lo guarda con disprezzo e severità semplicemente perché non si ricorda le parole, tanto da dire che il giovane non vuole sposarsi per questo quando non è vero. L’autore mette a nudo anche la realtà vaticana che è sempre rigida ed intimidatoria in nome delle tradizioni, dimenticandosi i sentimenti per i quali dovrebbe essere a servizio. Quando però Victor fugge via, cercando di avere un po’ di respiro, le cose cambiano nel momento in cui Emily si innamora di lui portandolo nell’aldilà.

La Sposa Cadavere: la recensione del cult di Tim Burton

La vita e la morte in La Sposa Cadavere

Quando Victor riprende i sensi nel mondo dei morti, vede tanti cadaveri decomposti, senza arti e formati anche solo da ossa, che sono sempre allegri e felici. Nel mondo dei vivi tutto è grigio, triste e monotono, mentre nel mondo dei morti tutto è colorato e divertente. Burton mostra come una società distruttiva appaia molto più spenta nella sua vitalità rispetto alla morte stessa, che invece è molto più vivace. Infatti, ogni volta che viene annunciato un nuovo arrivato nel regno dei morti (in questo caso Victor), questi ultimi lo accolgono con entusiasmo perché si tratta di un altro individuo che può fare loro compagnia. La comunità dei morti è compatta, perché nella morte, diversamente da un mondo di vivi pieno di classi sociali, non ci sono persone separate dalla loro realtà economico o politica, dal momento che tutti gli esseri viventi devono spirare alla fine del loro cammino e finire sempre nello stesso luogo. Con la morte, Tim Burton affronta un concetto simile alla poesia A Livella di Totò, ricordando quanto noi tutti abbiamo sempre lo stesso valore e spesso ce ne dimentichiamo perché siamo troppo occupati ad attaccarci per le differenze e per i beni materiali. Gli scheletri ed i cadaveri sono solo parte delle numerose figure che l’autore rappresenta in maniera profondamente grottesca. Infatti anche nel mondo dei morti le figure sono eccentriche come i nobili che si paralizzano cercando di sorridere, con la differenza che esprimono, come già accennato, molta più umanità, come il cagnolino Briciola (la cui figura richiama a quella di Sparky in Frankenweenie) che, nonostante sia scheletrico, ricorda ancora l’amore provato per Victor, il quale ricambia subito l’affetto non appena lo vede. Tra queste figure mortali ma accoglienti c’è anche l’Anziano Huzmet, l’esperto mago del mondo dell’aldilà che evidenzia la guida e saggezza degli anziani (sempre tanto cara a Burton) che aiuta i due protagonisti. Infine ci sono gli insetti, le figure apparentemente più irrilevanti: Maggot, il verme nel corpo di Emily che le fa da coscienza come il Grillo Parlante in Pinocchio di Carlo Collodi, e Vedova, il ragno femmina che cuce i vestiti con le ragnatele. Sia Maggot che Vedova cercano di consolare Emily quando lei è addolorata, così come l’anziana domestica Hildegarde è l’unica persona che è attenta a ciò che prova Victoria e le dà forza. Sia nel regno dei morti che nel regno dei vivi, le figure più piccole nella scala sociale sono quelle più attente alle persone che soffrono.

Tra tutte queste figure, Emily è una ragazza sola, che è stata ingannata da un uomo che l’ha uccisa solo per prendersi i soldi. Emily è quella donna emarginata che attende di poter trovare la reale bellezza del mondo, simboleggiata da un amore vero che non ha potuto avere nel momento della sua morte. Anche lei è stata vittima di una società vile e patriarcale a causa del suo femminicidio. Questa speranza le consente di rimanere fiduciosa persino nella morte ed è proprio la reale sensibilità di Victor ad attirare la sua attenzione, sperando, appunto in un vero amore a cui unirsi. Tuttavia questo suo sentimento, per quanto grande, non riesce a superare la morte. Infatti quello che Emily prova non basta a creare l’illusione della sua compatibilità con Victor: per quanto Victor si accorga che Emily sia una ragazza meravigliosa, la morte li separa ed Emily è costretta di nuovo a fare i conti con la consapevolezza di appartenere all’aldilà. Nonostante ciò, la morte non impedisce ad Emily di provare emozioni e così il pensiero costante di essere deceduta, impedendole di stare con le persone che ama, la tormenta e le fa male. I pezzi del suo corpo che cadono sono simboli del suo animo distrutto che non riesce a ricomporre, tornando ancora una volta ad una delle principali poetiche di Burton che mostrano le cicatrici di personaggi feriti dentro che cercano di trovare una rinascita. Quando Emily va temporaneamente nel mondo dei vivi, lei dichiara che è stata così a lungo nelle tenebre da aver dimenticato quanto sia bello il chiaro di luna: lei quindi si bea di quei dettagli a cui solitamente le persone generaliste non prestano attenzione, dando quindi grande riguardo nei confronti della vita. Tim Burton ancora una volta da’ tanto valore all’importanza di vivere nonostante il suo costante divertimento nei confronti della morte. Victor ed Emily hanno inizialmente delle forti incomprensioni, perché lui continua a voler tornare da Victoria e lei è addolorata per non poterlo soddisfare.

Victor è triste perché non pensa di essere stato all’altezza del suo incontro con Victoria, ritenendosi un inetto che ha mandato tutto all’aria, mentre Emily è triste perché non si sente all’altezza delle aspettative di Victor, essendo morta. In una splendida scena, entrambi i due sposi delusi cominciano a suonare lo stesso pianoforte, con ogni nota che è una risposta ai loro sentimenti. Entrambi ricuciono le loro cicatrici attraverso l’espressività musicale, la quale li rende per la prima volta intrecciati. Quando la mano di Emily si stacca, continuando comunque a suonare, Emily chiede scusa a Victor per il suo eccessivo entusiasmo, ma Victor le risponde che il suo entusiasmo è ben accetto, perché per quanto sia espresso da una mano scheletrica, quest’ultima è sempre rappresentazione di gioia e come tale va accolta.

Recensione: La Sposa Cadavere, il capolavoro di Tim Burton

Il cinema supera la morte in La Sposa Cadavere

Attenzione: il resto della recensione contiene spoiler.

Quando Victor pensa di aver perso Victoria per sempre, si aggrappa alla speranza che la morte presenti un lato più accogliente nei suoi confronti, così decide di sposarsi definitivamente con Emily e di rendere inseparabile la loro unione morendo e passando l’eternità con lei. Per celebrare il rito, Victor deve sposarsi con Emily nel regno dei vivi per poi morire, così avvisa gli altri morti che accompagnano i due futuri sposi nel regno della superficie con grande felicità. Quando i morti arrivano sulla Terra, i vivi fanno un sacco di baccano, spaventandosi alla vista di tutti quegli scheletri e di quei cadaveri viventi. Tutti sono terrorizzati, ma un bambino si avvicina ad uno degli scheletri e lo abbraccia perché si rende conto di aver ritrovato suo nonno, interrompendo una scena dalle tinte horror che si trasforma in un momento estremamente commovente grazie alle note musicali che cambiano per ricreare il calore dell’amore del bambino. Attraverso l’animazione, Tim Burton traspone il sogno di tutti: poter vedere ancora una volta le persone amate che ci hanno lasciato. Quelle che sembravano dei mostri irriconoscibili, in realtà sono i cari che ci hanno accompagnato nella vita e non è un caso che sia stato un bambino, il più sensibile tra tutti gli adulti terrorizzati, ad accorgersene per prima.

Nello stesso momento una vecchia di nome Gertrude, quando riconosce il suo defunto marito Alfred e gli ricorda che quest’ultimo è morto da 15 anni, lui pronuncia la battuta “Francamente me ne infischio“, citando Via Col Vento. Nel finale del classico di Victor Fleming, la battuta è fatta quando i due protagonisti si separano, in un momento in cui Rhett rimane indifferente ai sentimenti di Rossella, mentre qui invece Alfred è indifferente alla morte pur di abbracciare di nuovo Gertrude. La battuta finale, rimasta iconica nel cinema, non è più per separare, ma per unire. I vivi non guardano più le apparenze dei volti scheletrici e dei cadaveri freddi, ma si riuniscono ai morti nel nome dell’amore, tanto che tutti quanti vanno a vedere il matrimonio di Victor ed Emily. L’unico a non rendersene conto è il prete, il quale urla ai morti di allontanarsi dalla chiesa, finché uno di loro non gli chiede di abbassare la voce in nome del luogo sacro in cui si trovano: i morti hanno più rispetto della chiesa del prete stesso, che rimane sbalordito. I morti ed i vivi che si riuniscono simboleggiano, da parte di Burton, la possibilità che tutti possano superare le apparenze e vivere i momenti più belli insieme, il tutto mentre l’autore sovverte le regole di qualsiasi invasione zombi che invece rappresenta l’unico momento in cui la morte può coesistere con la vita e tutto grazie al cinema.

Il femminismo e la speranza in La Sposa Cadavere di Tim Burton

Nonostante questa continua festa dei morti per celebrare il matrimonio, una nuova decisione cambia le carte in tavola, perché Emily ama così tanto Victor che non può accettare di ucciderlo affinché si unisca a lei. Per Tim Burton bisogna comprendere le altre persone ed accettarle, ma non trascinare loro nello stesso dolore solo per sentirsi meno sole. Bisogna saper accettare di lasciare andare qualcuno per poter davvero andare avanti. In tutto questo viene definitivamente alla luce la figura di Barkis Bittern, l’uomo che ha sposato Victoria in assenza di Victor promettendo ai genitori della ragazza una vita di grande prosperità. Si scopre infatti che Bittern è colui che ha ucciso Emily. Bittern è un uomo che vede le donne solo come figure da sposare per ucciderle e prendersi la loro ricchezza, sperperandola fino al midollo per poi trovare un’altra persona da ingannare ed assassinare, ripetendo un ciclo infinito (infatti voleva fare la stessa cosa con Victoria). Lui non possiede empatia ed è la figura del maschio alfa per eccellenza, spinta dall’avidità del denaro per cui è disposta a compiere qualsiasi tipo di violenza, la stessa che ha strappato Emily alla vita. Per l’autore questa figura, che vede le donne come oggetti, è il male più grande della società e proprio per questo, nella sua semplicità, Bittern è uno dei villain più riusciti del 21° secolo. Lo schema di Bittern che si ripete sempre è l’emblema più grande di una società attaccata al materialismo che continua a ripetersi: infatti, quando Victoria nota la furia negli occhi di Bittern per aver scoperto troppo tardi che la famiglia della donna non possiede un soldo, lei sarcasticamente gli domanda se le cose non siano andate secondo i suoi piani, un’espressione che è stata usata più volte dai suoi genitori e da quelli di Victor tutte le volte che hanno bramato all’unione tra i due sposi soltanto per arrivare ai loro obiettivi sociali.

Lord Bittern, per non rinunciare al suo orgoglio da maschio alfa, decide comunque di portarsi via Victoria per esporla come trofeo e sta per uccidere Victor, ma Emily si mette in mezzo per salvare il suo amato, venendo colpita dalla spada nello stesso punto in cui fu trafitta da Bittern quando quest’ultimo la uccise. Emily, prendendo la spada, allontana via l’uomo che le distrusse la vita e che viene punito dai morti che lo trascinano nell’aldilà dopo che quest’ultimo ha bevuto, per sbaglio, il veleno inizialmente destinato a Victor. Emily è una delle figure femministe più importanti del cinema contemporaneo, perché simboleggia tutte quelle donne che ogni giorno cadono vittima del femminicidio, rimanendo sole nella morte. Emily finalmente si sente libera perché ha avuto giustizia pur essendo triste per il suo sogno di vita distrutto, ma pone su Victor le speranze di un altro amore che possa crescere e prosperare con Victoria. Nel finale Emily, reincarnandosi in un branco di farfalle, diventa un simbolo, un punto di riferimento che possa ricordare perché il male nel mondo non debba ripetersi più. Ancora una volta Tim Burton, pur entrando nella comprensione della morte, riesce a dare valore alla vita, abbracciando le speranze per un futuro migliore che solo le nuove generazioni di emarginati, ovvero Victor e Victoria, potranno portare.

La Sposa Cadavere di Tim Burton, la recensione del film d'animazione

La Sposa Cadavere introduce una visione unica della morte nel panorama contemporaneo, nonché una delle rappresentazioni femministe più importanti e sincere che siano state manifestate sul grande schermo, senza contare le perfette simbologie legate ad altri emarginati. Il film non è solo uno dei massimi capolavori della filmografia di Tim Burton, ma anche uno dei film d’animazione più profondi ed importanti della storia del cinema.

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La Sposa Cadavere: analisi del capolavoro di Tim Burton
La Sposa Cadavere
La Sposa Cadavere

Un ragazzo promesso alla figlia di due aristocratici di cui è innamorato rimane involontariamente sposato con una donna morta che lo porta nell'aldilà mentre è ancora vivo.

Voto del redattore:

10 / 10

Data di rilascio:

23/09/2005

Regia:

Tim Burton e Mike Johnson

Cast:

Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Emily Watson, Richard E. Grant, Christopher Lee, Tracey Ullman, Danny Elfman

Genere:

Animazione, musical, fantasy

PRO

La straordinaria animazione in stop motion
Le grandi interpretazioni del cast (sia nel doppiaggio inglese che in quello italiano)
L’approfondimento dell’emarginazione nella critica contro la società avida e patriarcale
La rappresentazione della morte unica ed originale
Nessuno