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Recensione – Vincent Deve Morire: il thriller satirico di Stéphan Castang

Vincent Deve Morire, il thriller con protagonista Karim Leklou, rappresenta l’esordio alla regia di Stéphan Castang attraverso un’idea ambiziosa.

Nell’ultimo anno ha fatto molto parlare di sé Vincent Deve Morire, il quale vede l’esordio di Stéphan Castang alla regia ed è stato presentato in competizione per la Caméra d’Or al Festival Di Cannes 2023. A seguire la recensione del film che è arrivato finalmente nei cinema italiani.

La trama di Vincent Deve Morire

Vincent Deve Morire è un thriller satirico ambientato in Francia con al centro una situazione molto surreale e pericolosa. Il film presenta infatti la seguente trama:

La vita scorre placida e senza sorprese per Vincent…. finché, d’un tratto e senza apparente motivo, dei perfetti sconosciuti iniziano ad attaccarlo con chiari intenti omicidi. Il numero dei suoi aggressori sale giorno dopo giorno: basta uno sguardo e tutti vogliono la sua testa. Costretto alla fuga, l’uomo si trova così coinvolto in una spirale di violenza inspiegabile e del tutto fuori controllo. Ma come ci si può difendere, se il nemico è il mondo intero?

Recensione - Vincent Deve Morire: il thriller satirico di Stéphan Castang

La recensione di Vincent Deve Morire

La regia di Stéphan Castang è davvero efficace nell’inquietare lo spettatore soltanto attraverso gli sguardi dei personaggi che, appena osservano il povero protagonista, lo inseguono e lo assalgono senza pietà e senza rimorsi. Si notano degli espedienti registici che si rifanno ad It Follows di David Robert Mitchell, con figure che vengono inquadrate lontano e che si trasformano in ombre inquietanti, poiché è difficilissimo capire se si trattano di semplici passanti o di persone che stanno per avventarsi con violenza. I primi colpi dei “posseduti” arrivano all’improvviso, attraverso imprevedibili oggetti che entrano nel campo per ferire il corpo di Vincent, senza contare i primi piani dei volti che esprimono ferocia, i quali spesso durano meno di un secondo. Con questa scelta di tempo, Castang immerge lo spettatore dal punto di vista del protagonista che fugge dagli sguardi delle persone pur di evitare un brutto scontro: l’occhio della cinepresa fugge come fugge lo stesso Vincent. Tuttavia in alcune scene Castang si contraddice volutamente, perché il protagonista, costantemente assente dalla vita sociale a causa del suo problema, a volte si sente costretto a guardare i suoi aggressori pur sapendo che arriverà una lotta, perché, in quanto essere umano, non riesce fisicamente ad evitare il contatto per sempre: anche nel peggiore dei contesti, la cinepresa non può rinunciare all’osservazione del soggetto persino quando cerca di fuggire da esso. Questa gestione rende il film una straordinaria lotta alla sopravvivenza in cui la violenza, ritratta senza che ci sia mai essere spettacolarizzata, è impressionante ed è sempre anticipata da una tensione costante che accompagna lo spettatore per tutta la visione anche nei momenti di silenzio in cui non c’è la musica e tutto sembra tranquillo. Karim Leklou è perfetto nel rendere la disperazione e la chiusura emotiva del personaggio dettata dalla paura costante, ma ancora più intensa è Vimala Pons, che in dei momenti ruba anche la scena.

Oltre all’ottima tecnica, è anche molto intelligente la simbologia che viene trasmessa attraverso questa improvvisa violenza: le prime violenze su Vincent nascono in contesti lavorativi, luoghi in cui tutti i giorni ci sono incomprensioni e tensioni che spesso, nella vita quotidiana, cerchiamo di reprimere per evitare problemi che però, prima o poi, rischiano di esplodere. Un altro momento inquietante è la rabbia espressa da un senzatetto che osserva Vincent mentre brama il suo pasto in una tavola calda, oppure ancora i momenti in cui persino i bambini rimangono coinvolti in questa esplosione di cattiveria, come se l’odio nei confronti del prossimo sia un elemento nascosto nell’inconscio fin dalla tenera età. Anche se il virus non ha apparentemente una spiegazione, esso rappresenta la paura di un mondo in cui non c’è più empatia, dove l’individuo cerca sempre di fare la guerra senza neanche più dare un reale pretesto. Di conseguenza, alla violenza si genera altra violenza, con uomini e donne che si scannano sui “posseduti” cercando vendetta, perché sono giustamente spaventati da un’onda di aggressività che non riescono a capire. Lo stesso Vincent, per quanto sappia che non è colpa delle persone che lo inseguono, a volte se lo dimentica e reagisce con rabbia: non sempre è facile ricordare che tutte le persone hanno problemi esattamente come noi quando si è continuamente sotto pressione e si subisce in modo pesante, perché il proprio dolore individuale a volte diventa l’unica cosa che conta diversamente da ciò che accade nel mondo intero (un discorso che si può anche rifare ai continui soprusi subiti da Arthur Fleck in Joker di Todd Phillips). L’epidemia, in cui non si capisce se gli infetti siano le vittime o gli aggressori, è la rappresentazione del delirio della nostra società dove non c’è più la tolleranza verso nessuno, rifacendosi al cinema di George Romero, cosa che viene sottolineata in un omaggio al classico Zombi con una scena ambientata in un centro commerciale. Sarebbe stato meglio approfondire alcuni aspetti dei piccoli dettagli che accompagnano l’ondata di rabbia (come i problemi lavorativi di Vincent con la sua ex), ma numerosi concetti espressi rimangono comunque molto interessanti.

Vincent Deve Morire: la recensione del film di Stéphan Castang

La calma di Vincent Deve Morire

In un mondo dove tutti sono contro di te, quale può essere la soluzione se non chiudersi nelle proprie case senza avere contatti con nessuno? La solitudine sembra essere l’unico modo per ottenere calma, eppure non appare mai accogliente, ma sempre fredda. Vincent, anche per motivi di difesa, prova a compensare comprando un cane ed è incredibile vedere come il compagno a quattro zampe non sia mai fonte di aggressività neppure quando Vincent lo guarda negli occhi: si sottolinea come gli animali siano molto meglio delle persone perché sono formati da amore incondizionato. Ma anche il cane non basta a riempire il vuoto di Vincent, che sempre di più ha bisogno di poter abbracciare un’altra persona e di avere contatto fisico, perché gli esseri umani, anche nella più grande delle guerre, hanno bisogno di coesistere con qualcun’altro. Per questo motivo il rapporto tra Vincent e Margaux è straordinario, perché Stéphan Castang pone gli sguardi sulle persone emarginate che appartengono ai ceti più bassi e che, diversamente da Vincent, hanno spesso il bisogno di essere guardate perché non sopportano di rappresentare lo scarto della società. Margaux è una donna in difficoltà che viene spesso sfruttata, ma nonostante ciò è attenta ai sentimenti delle persone e si accorge subito della condizione di Vincent, il quale l’accoglie tra le sue braccia pur sapendo del rischio che corre. La speranza del film è infatti quella di sperare che le persone convivano con il male del mondo, cercando di combatterlo attraverso la comprensione e l’empatia.

Vincent Deve Morire è un thriller pieno di scene disturbanti che fanno battere il cuore all’impazzata a causa dell’ansia che è quasi sempre presente grazie ad una corsa alla sopravvivenza che si rifà al cinema di George Romero ed a quello di David Robert Mitchell. La cosa ancora più convincente è che, con un mondo costruito attraverso il male, il regista Stéphan Castang riesce a trovare spazio per l’umanità, inseguendo gli emarginati che si sentono soli ed inascoltati in un film che si rivela un esordio da non sottovalutare affatto.

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Vincent Deve Morire: la recensione del thriller con Karim Leklou
Vincent Deve Morire
Vincent Deve Morire

Vincent è un uomo che, improvvisamente, si ritrova con tante persone che voglio ucciderlo senza motivo non appena lo guardano.

Voto del redattore:

8.5 / 10

Data di rilascio:

30/06/2024

Regia:

Stéphan Castang

Cast:

Karim Leklou, Vimala Pons, François Chattot, Karoline Rose Sun, Michaël Perez, Emmanuel Vérité

Genere:

Thriller, satira, dramma

PRO

L’ottima costruzione della tensione
La riflessione registica sullo sguardo
L’intensa interpretazione del cast
La critica sociale
Un approfondimento della rabbia urbana leggermente mancato
Il superficiale rapporto tra Vincent e suo padre