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Chiamami col tuo nome è un saggio sulla percezione nel cinema

Chiamami col tuo nome è uno dei film più memorabili degli ultimi anni: ma quali sono le ragioni del suo successo?
Recensione film Chiamami col tuo nome (2017)

Chiamami col tuo nome è un film del 2017 diretto da Luca Guadagnino e interpretato da Timothée Chalamet ed Armie Hammer, distribuito per la prima volta in Italia al cinema il 25 gennaio 2018 e la cui durata è pari a circa 130 minuti. Si tratta di un lungometraggio drammatico e sentimentale basato sull’omonimo romanzo di André Aciman, il quale ha anche vinto il premio Oscar per la miglior sceneggiatura non originale. Questa struggente storia d’amore ha conquistato i cuori di numerosi spettatori in tutto il mondo: ma per quali motivi? Di seguito la recensione di Chiamami col tuo nome.

La trama di Chiamami col tuo nome, film di Luca Guadagnino con Timothée Chalamet

Chiamami col tuo nome è un film che in pochi anni è rimasto impresso nella memoria collettiva per la potenza della storia raccontata, ritratto di un amore impossibile a causa delle convenzioni sociali dell’epoca (gli anni ’80). Ma entrando più nello specifico: di cosa parla l’opera di Luca Guadagnino con Timothée Chalamet?

La trama è incentrata su Elio Perlman, un giovane americano che insieme ai suoi genitori passa le vacanze in Italia nella tenuta di famiglia, e che durante l’estate sembra godersi le lunghe giornate nel pieno relax, senza rinunciare alla cultura e alla musica. Suo padre, un professore universitario e ricercatore nel campo dell’archeologia, decide di ospitare in casa uno studente statunitense di 24 anni di nome Oliver (Armie Hammer). La conoscenza tra quest’ultimo e l’impacciato Elio sembra cominciare con una misteriosa freddezza, ma il tempo scorre e i due alimentano un forte desiderio reciproco tramite sguardi e gesti.

La recensione di Chiamami col tuo nome: come viene concepita la percezione nel cinema?

Guardando Chiamami col tuo nome ci si interroga sulla concezione stessa della percezione nel cinema e come viene veicolata. Luca Guadagnino realizza la sua opera più matura e intensa in chiusura della trilogia del desiderio, elaborando un vero e proprio saggio, sia argomentativo che dimostrativo. Il film con Thimothée Chalamet e Armie Hammer sin dai titoli di testa e poi con i titoli di coda è in grado di comunicare l’intimità del contenuto attraverso le immagini, ma anche con segni di interpunzione come la dissolvenza e tramite dialoghi decisamente più profondi in confronto ai lavori passati del regista. Guadagnino è uno dei migliori a stratificare il rapporto tra le denotazioni e le possibili connotazioni che acquisiscono oggetti, gesti, sguardi e parole, e se con estro era riuscito già nel 2009 in Io sono l’amore a manifestare una tale predisposizione è con Chiamami col tuo nome che ne esplora appieno la fluidità. D’altronde, la percezione che ciascun individuo ha di un’altra persona o di un oggetto può cambiare a seconda dello sguardo e del suo contesto, di conseguenza vi si dà un significato differente proprio sulla base delle suddette variabili.

E a proposito di possibilità, di cambiamenti e di continue esplosioni sensoriali, c’è da dire che i fluidi sono il tangibilissimo espediente drammaturgico del film, dall’acqua della vasca e del fiume all’urina, in quanto costituisce un cruciale momento d’attesa per Elio ogni qualvolta Oliver entra in camera, passando per le molteplici eiaculazioni del protagonista scaturite dalla scoperta della sua sessualità. Tra parentesi un atto così importante per un adolescente avviene – guarda caso – durante quella che è notoriamente la stagione dei piaceri, ossia l’estate. Ma la fluidità è anche narrativa, e di fatto i circa 130 minuti di Chiamami col tuo nome scorrono come un fiume in piena: le immagini e le parole, i simboli e le allegorie, le sovrimpressioni e le dissolvenze, sono tutti elementi che riempiono – senza invadere – le inquadrature del racconto. Vengono lasciate fuori campo alcune immagini sulle quali lo spettatore può mettersi in gioco tramite l’immaginazione, come le parole di Elio a Oliver sul presunto odio di quest’ultimo nei confronti di Bach, riferitoci dal protagonista nell’inquadratura successiva tramite il suo block notes. Oppure, ancora più notevole, la poetica prima notte tra i due e il movimento di macchina di Guadagnino a rivolgere il nostro sguardo fuori dalla finestra, così da concedere loro l’intimità. Un gesto talmente delicato da sembrare anacronistico assume maggior valore in un contesto del genere, e sembra quasi di star guardando una commedia drammatica della Hollywood classica. Prima che ciò avvenga, tra le altre cose, c’è un notevolissimo climax generato dal costante gesto del consultare l’ora da parte di Elio nella fremente attesa di liberare le sue sensazioni e le sue emozioni allo scoccare della mezzanotte.

Per ciò che concerne il rapporto tra il significante ed il suo significato, tra denotazioni e connotazioni, tra forma e contenuto, c’è da dire che il gioco dei rimandi ha una forza sublimata sia dalle immagini che dai suoni, senza dimenticare le parole. Da questo punto di vista occorre citare elementi come l’uovo da cui “straripa” il tuorlo (eiaculazione), la lettura del libro da parte della madre nell’intento di far emergere la condizione emotiva di suo figlio (è meglio parlare o morire?), il ritrovo di una rovina (l’incontro dopo lo scontro tra Elio e Oliver) e le diapositive delle sculture ellenistiche con tanto di accompagnamento verbale nel ribadire, o ancora nel far emergere una condizione emotiva – questa volta di Oliver -, la loro capacità di sfidare a desiderarle in quanto incredibilmente sensuali. Appare emblematica persino la scena del pianoforte quando Elio provoca Oliver suonando Bach e deformandolo però con la sua percezione, personalizzando la musica a seconda delle possibili reinterpretazioni da parte di altri noti musicisti. Anche in questa scena si avverte la pulsione, la scoperta della sessualità del protagonista ed il suo bisogno di esternarlo alla persona dalla quale è attratto; al contrario, la sequenza della pesca è un momento di repulsione verso se stesso e i propri istinti, succeduto da una calorosa e tenera riconciliazione. Parallelamente è la colonna sonora extradiegetica a conferire un senso quasi fiabesco alla narrazione, nonché le canzoni di Sufjan Stevens, in modo da rendere anacronistica una storia d’amore universale.

Guadagnino però ci tiene anche a imprimere uno scenario sociologico, che resta sì sullo sfondo ma sfruttando la profondità di campo si evidenziano le connotazioni politiche di Chiamami col tuo nome, dai manifesti del PCI in piazza al dipinto di Mussolini (volontariamente non inquadrato al meglio), passando per il governo Craxi del quale si parla a tavola vomitando parole verso le quali c’è chi resta sbigottito (Oliver, Elio) e chi assiste ridendo in lontananza (Anchise). Ecco, tornando alla fluidità, il film del regista viaggia su più piani incrociati in tal senso: fluidità sessuale, fluidità linguistica (si parlano l’italiano, il francese, l’inglese e il tedesco), fluidità sociologica. Quest’ultimo aspetto è quello apparentemente più superficiale, eppure ha una funzione importantissima nell’elevare una storia intima e personale ad un discorso valido per chiunque, un invito all’accettazione di sé e degli altri. Sin dall’antichità c’era la volontà di esternare la fluidità sessuale e di genere, ma in maniera sfumata e sottile Guadagnino ci fa percepire la verità storica di chi ha dovuto nascondersi e di chi ha potuto manifestare il proprio Io esclusivamente realizzando sculture dettagliatissime del corpo umano. Il cambiamento – anch’esso è una forma di fluidità – è avvenuto in Italia come nel mondo con il crollo delle dittature, nel nostro caso di Mussolini, ma nel Bel Paese c’è chi ha conservato determinate idee e quindi ha indotto una persona come Oliver a credere di non poter parlare liberamente, di doversi addirittura vergognare. Gli anni di Craxi e del Pentapartito sono risultati un passo verso la modernizzazione economica, ma anche verso la modernizzazione sociologica e la tolleranza? In fondo conosciamo la risposta, e ancora oggi ci sarebbe da dibatterne.

In Chiamami col tuo nome Elio ed Oliver si percepiscono l’un l’altro e danno vita ad un meccanismo di distanze e avvicinamenti fisici ed emotivi, segnati sia da un semplice bagno a separare le due stanze, sia da un tocco accennato durante una partita di pallavolo, e persino dalla dichiarazione d’amore al cospetto del monumento ai caduti del Piave. Finalmente i due si lasciano andare, non vogliono nascondersi né in quanto ebrei – indossano la catena con la stella di David – né in quanto omosessuali, e se nel primo caso è Oliver ad aiutare Elio ad accettare il passato, nella seconda situazione è Elio ad aiutare Oliver ad esporsi senza vergogna godendosi il presente. I tempi si fondono per un’urgenza ben precisa generando un universo incanalato verso un futuro speranzoso, aperto, fluido, e dunque le statue ellenistiche vedono concretizzarsi il desiderio da loro emanato, i pensieri dei filosofi e le poesie di Antonia Pozzi vengono in qualche modo trasposti ed i gesti d’amore nascosti nei libri (Cuore di tenebra; L’Eptameron) prendono vita. Chiamami col tuo nome è, in conclusione, un esempio di purezza sentimentale, di urgenza poetica e di introspezione relativa alla percezione, ergendosi non soltanto a capolavoro del cinema ma a vera etimologia dell’arte.

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Recensione film Chiamami col tuo nome (2017)
Chiamami col tuo nome
Chiamami col tuo nome

In un'estate del 1983, il diciasettenne Elio Perlman sta tentando di godersi le sue vacanze in Italia, ma quando suo padre decide di ospitare Oliver, uno studente americano, tutto cambia. Il fascino di quest'ultimo colpisce il giovane ed impacciato Elio, e tra i due pian piano l'imbarazzo lascia spazio ad un sentimento colmo di passione.

Voto del redattore:

10 / 10

Data di rilascio:

25/01/2018

Regia:

Luca Guadagnino

Cast:

Timothée Chalamet, Armie Hammer, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel, Victoire Du Bois

Genere:

Drammatico, sentimentale

PRO

La fluidità della e nella narrazione
La delicatezza con la quale Guadagnino elabora la sua poetica
La modalità attraverso cui viene esplicitata la percezione dei personaggi
L’inserimento di connotazioni artistiche, sociologiche e politiche
Nessuno