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Recensione – La storia della Principessa Splendente, l’ultimo film di Isao Takahata

Torna al cinema l’ultimo capolavoro del compianto Maestro Isao Takahata, prodotto dallo Studio Ghibli: quale interpretazione si può dare al film?
La recensione de La storia della Principessa Splendente, diretto da Isao Takahata

Presentato in anteprima alla sessantasettesima edizione del Festival di Cannes, sezione Quinzaine des Réalisateurs, tratto dal racconto antico popolare Taketori monogatari; distribuito nelle sale cinematografiche giapponesi il 23 novembre 2013, col titolo originale Kaguya-Hime no Monogatari mentre in quelle italiane dal 3 al 5 novembre 2014. Prodotto dallo Studio Ghibli e ultimo lavoro firmato da Isao Takahata, sia in regia che in sceneggiatura, candidato all’Oscar nella categoria “Miglior film d’animazione”. Ma qual è il risultato de La storia della Principessa Splendente? Di seguito la trama ufficiale e la recensione del film d’animazione.

La trama de La storia della Principessa Splendente, di Isao Takahata

Di seguito la trama ufficiale de La storia della Principessa Splendente, diretto da Isao Takahata:

“Un giorno Okina, un tagliatore di bambù, si trova di fronte a un evento inspiegabile: in un germoglio di bambù trova una minuscola creatura luminosa che ha le sembianze di una principessa. Decide di portarla a casa e questa si trasforma in una neonata, così l‘uomo e la moglie decidono di crescerla come una figlia. Dopo qualche tempo l’uomo torna nella foresta e trova un’altra sorpresa: da un bambù esce dell’oro e Okina lo interpreta come un segno divino, una richiesta di fare della bambina una principessa.”

La recensione de La storia della Principessa Splendente, diretto da Isao Takahata

La recensione de La storia della Principessa Splendente, prodotto dallo Studio Ghibli

“Film testamento”: termine che sempre più spesso viene utilizzato per definire una particolare pellicola realizzata in un preciso momento della carriera dell’autore, di solito ad un’età parecchio avanzata con una filmografia corposa alle spalle. Mai appellativo risulta più azzeccato per indicare l’ultimo lavoro del regista giapponese, che non ha fatto della quantità la caratteristica principale della sua carriera, non soltanto perché il destino ha voluto che Takahata morisse qualche anno dopo la distribuzione. Un lungometraggio in cui si vuole tirare le somme su una vita dedicata alla Settima Arte, riflettendo sul valore dell’esistenza, delle sue rose e delle sue spine; mediante la trasposizione di una favola della tradizione nipponica, viene intrapreso un viaggio dove trova spazio anche una considerazione profonda sulle radici della società del Sol Levante, nei suoi usi e costumi.

Percorso in cui si alternano e si mescolano emozioni e sensazioni diverse e contrastanti tra loro, messe in scena grazie ad un’animazione straordinaria, d’altri tempi ma sofisticata in modo da rimanere sempre giovane e brillante, poiché tutte le sfaccettature dell’essere umano vengono manifestate, in tutti i suoi pregi e in tutti i suoi difetti. Traspare uno sguardo nostalgico verso il tempo passato, nato dalla consapevolezza di non riuscire del tutto a sfruttarlo a dovere, il dono della vita concesso dall’alto si spreca rincorrendo affannosamente traguardi effimeri, inutili e apparenti; la ricchezza materiale determina chi è importante e chi no, infatti, il padre Okina si affanna nell’intraprendere la scalata sociale che porterà la famiglia ad entrare nell’ambiente che conta, un contesto d’élite sfarzoso, caratterizzato da formalismi ed etichette in grado di deumanizzare le persone, soprattutto le donne, confinate in un ruolo preciso e subalterno dalla classe dirigente maschiocentrica e maschilista.

In merito a questo è efficace la rappresentazione della differenza di atteggiamento tra marito e moglie protagonisti: lui in completa ansia nel recitare un ruolo non suo, quello del nobile, sempre più concentrato nel realizzarsi personalmente a livello sociale, fraintendendo i segni divini e dando per scontato che la sua felicità sia anche quello della figlia, che deve obbedire ai dettami patriarcali, non per una questione di cattiveria, poiché l’amore paterno si dimostra sincero e genuino in più occasioni nel corso della pellicola, ma per la mentalità a cui si è stati educati, escludendo a priori che vi siano strade alternative. Lei invece, nonostante il cambiamento, dimostra di non aver dimenticato le sue origini, ricordandosi quali siano i veri valori e come la felicità si nasconda nelle piccole cose, nelle semplicità della natura, capace di essere vera per come la si vede, non vergognandosi di coltivare la terra da sé o impegnarsi nelle faccende domestiche, noncurante delle etichette di palazzo.

Nella società costruita sull’avere, la derivazione più pericolosa è l’atteggiamento di possesso: tutto è merce e di conseguenza tutto può essere comprato; anche le persone, trasformate in oggetti: funzionari, servitori e persino le mogli, non sono altro che parte del corredo; a testimonianza di ciò basti pensare a come si scateni una vera e propria asta trai i pretendenti della Principessa, dove nessuno di loro la considera come una persona dotata di sentimenti e pensieri propri. La possessività è nemica della libertà e di conseguenza anche della vita stessa, struggenti sono le sequenze in cui la protagonista tenta di scappare più volte da quella che è diventata una prigione a tutti gli effetti.

Di riflesso è poetica la sequenza dell’ultimo incontro tra la Principessa e Sutemaru, simbolo di una libertà ritrovata, anche se solo per pochi istanti, che forse l’uomo può solo sognare, il volo dei due amanti è la rappresentazione dell’atto fisico dell’amore tra le più delicate, dolci ed emozionanti della storia della cinematografia, all’interno della quale si rafforza la convivenza e la mescolanza di sentimenti eterogenei: la passione del momento e la malinconia per la sua brevità e irripetibilità. Dinanzi ad un’opera di questa caratura, la parola «capolavoro» forse non è sufficiente a rendere l’idea della sua effettiva grandezza, della sua classe e della sua complessità.

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La recensione de La storia della Principessa Splendente, diretto da Isao Takahata
La storia della Principessa Splendente
La storia della Principessa Splendente

"Kaguya è la principessa della Luna, che, giunta sulla Terra, viene amorevolmente allevata da un uomo e sua moglie e una volta cresciuta riceve diverse proposte di matrimonio. Il suo sogno segreto però è di ritornare sulla Luna."

Voto del redattore:

10 / 10

Data di rilascio:

25/07/2024

Regia:

Isao Takahata

Cast:

Tatsuya Nakadai, Shichinosuke Nakamura, Nobuko Miyamoto, Kengo Kora e Takaya Kamikawa.

Genere:

Fantasy

PRO

La tecnica d’animazione, suggestiva e accattivante
La riflessione profonda è malinconica sull’esistenza
Nonostante sia legato strettamente alla cultura giapponese, i concetti espressi sono universali
Le emozioni sono sviluppate con perfetto equilibrio
Nessuno