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Recensione – La ciociara, diretto da Vittorio De Sica, con Sophia Loren

Uno dei capolavori del cinema italiano è tornato al cinema in versione restaurata. La ciociara ha consacrato al mondo Sophia Loren: ma quale interpretazione si può dare al film di Vittorio De Sica?
La recensione de La ciociara, diretto da Vittorio De Sica, con Sophia Loren

Presentato in concorso alla quattordicesima edizione del Festival di Cannes, distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 23 dicembre 1960; tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, adattato su grande schermo dal regista Vittorio De Sica (Ladri di biciclette) e scritto da Cesare Zavattini. L’adattamento cinematografico vede come protagonisti due star di livello internazionale quali: Sophia Loren (La caduta dell’Impero Romano) e Jean Paul Belmondo (Fino all’ultimo respiro). Ma qual è il risultato de La ciociara? Di seguito la trama e la recensione del film.

La trama de La ciociara, il film di Vittorio De Sica

La pellicola diretta da Vittorio De Sica ha consacrato Sophia Loren nello scenario cinematografico mondiale, portandola alla vittoria del Premio Oscar nella categoria “Miglior attrice protagonista”, diventando una delle attrici più importanti della storia d’Italia assieme ad Anna Magnani (qui trovate la classifica delle migliori attrici italiane di sempre). Ma di cosa parla La ciociara? Di seguito la trama ufficiale del film:

“1943. Cesira ha una figlia adolescente, Rosetta, ed è vedova. In seguito ai bombardamenti decide di lasciare la città di Roma per tornare al paese d’origine in Ciociaria. Qui conosce Michele, un giovane intellettuale che si innamora di lei. Dopo l’8 settembre gli alleati risalgono la penisola e sia lei che la figlia vengono violentate da un plotone di soldati marocchini.”

La recensione de La ciociara, diretto da Vittorio De Sica, con Sophia Loren

La recensione de La ciociara, con Sophia Loren e Jean Paul Belmondo

Il periodo successivo all’8 settembre 1943 è stato uno dei più controversi di tutta la Seconda Guerra Mondiale per quanto riguarda la storia italiana: momento cruciale del conflitto, rimasto per molti anni nell’oblio, come se si volesse dimenticare quanto la classe dirigente dell’epoca abbia mal gestito la situazione, portando l’esercito italiano e la sua popolazione allo sbando. Vittorio De Sica focalizza l’attenzione sul sentimento e sulle condizioni della gente, ormai il conflitto volge al peggio, il regime fascista è sulla via del tramonto, ma la fine delle ostilità è tutt’altro che vicina; nel cuore delle persone è rimasta solamente l’angoscia di riuscire a sopravvivere, il cibo manca e il futuro è incerto, i cieli italiani vengono oscurati dai bombardieri nemici e le case continuano a crollare.

Non c’è più spazio per la coscienza politica, non importa più chi vince o chi perde, conta solamente resistere per tornare alla vita di prima, la precarietà è talmente profonda da far tramontare definitivamente qualsiasi traccia d’idealismo. Quest’ultimo personificato nella figura di Michele (Belmondo), un ragazzo studioso, forte della sua giovane età, una mosca bianca all’interno di un contesto rurale e adulto, non più in grado di guardare oltre il proprio confine; la sua dipartita simboleggia il tramonto della società dell’epoca, colpevole di aver ragionato solamente in funzione del benessere economico, aprendo la strada al potere a chi poi ha trascinato la Nazione nel baratro.

La sequenza madre della pellicola, lo stupro di gruppo subito dalle protagoniste, diventa iconica già dall’inquadratura precedente: il regista dimostra padronanza del linguaggio cinematografico con la soggettiva di Rosetta, sdraiata sulla panca della chiesa abbandonata guarda verso l’alto, verso il soffitto bucato dai bombardamenti; dallo squarcio si vedono pipistrelli volare in cielo, animale per antonomasia portatore del tramonto, il sole sta calando non soltanto fisicamente, ma il buio incombe sulla vita delle due donne, vittime di una crudeltà quasi inspiegabile. Lo scempio si consuma all’interno di un luogo sacro, architettonicamente a pezzi, però anche qui è una metafora per indicare la distruzione morale raggiunta in quegli anni, violenze scatenate sotto gli occhi e sotto il silenzio di Dio, come se nemmeno la sua ipotetica presenza fosse stata in grado di fermare i numerosi crimini contro l’umanità commessi.

Episodi come questi, avvenuti durante la Campagna d’Italia, per decenni sono rimasti sotto silenzio, trovando spazio raramente sui libri di storia, ma significativi nel mostrare quanto innanzitutto la guerra è un orrore e quanto la libertà sia stata raggiunta pagando un prezzo salatissimo. La prova attoriale di Sophia Loren giustifica i riconoscimenti ricevuti, caricandosi sulle sue spalle un personaggio forte ma allo stesso tempo disperato; l’interpretazione coglie al massimo la personalità e i sentimenti di una madre, vedova, costretta a fare tutto da sola, a lottare per sopravvivere, in un mondo ostile nei suoi confronti, circondata da avvoltoi che tentano di approfittare della sua condizione per soddisfare primitivi istinti sessuali, destino infausto e condanna per tutte le donne di bell’aspetto. Il culmine viene raggiunto nella scena delle calze, in cui si lascia andare ad uno sfogo angosciato, poiché si rende conto di stare perdendo sua figlia, unica persona che ama veramente, impotente dinanzi alle conseguenze di quello che è successo; una performance in grado di dimostrare quanto la sua celebrità non sia arrivata per caso.

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La recensione de La ciociara, diretto da Vittorio De Sica, con Sophia Loren
La ciociara
La ciociara

"Durante l'ultima guerra Cesira, giovane vedova coraggiosa e battagliera, si rifugia con la figlia adolescente nel paese natale."

Voto del redattore:

10 / 10

Data di rilascio:

04/07/2024

Regia:

Vittorio De Sica

Cast:

Sophia Loren, Jean-Paul Belmondo, Eleonora Brown, Andrea Checchi e Pupella Maggio

Genere:

Drammatico

PRO

L’interpretazione di Sophia Loren, ricca di carisma ed espressività
La messa in scena della drammaticità degli eventi, semplice ma efficace
Le dinamiche narrative sono arricchite da profonde simbologie
Nessuno