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MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez e l’ossessione di Ryan Murphy per il patetico criminale

È arrivata su Netflix la nuova serie MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez, la seconda stagione del prodotto antologico prodotto da Ryan Murphy: ma qual è il risultato?

Quella su Jeffrey Dahmer è una delle serie televisive che hanno ottenuto maggiore successo su Netflix, con il mostro di Milwaukee interpretato da Evan Peters e con il risultato di una grandissima attenzione mediatica che è stata destinata ad un caso da sempre molto dibattuto. Trasformata la serie televisiva in un prodotto antologico, Ryan Murphy torna nuovamente nel team di produzione per la seconda stagione di MONSTERS, questa volta dedicata ai fratelli Menendez. Ma con quale risultato? Di seguito, si indica la trama e la recensione della serie MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez.

La trama di MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez

Prima di procedere con la recensione di MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez, è bene proseguire innanzitutto con la trama della serie prodotta da Ryan Murphy e diretta da vari registi, tra cui il ricorrente Michael Uppendhal. Il racconto è quello dei fratelli Menendez, condannati ad ergastolo senza condizionale in virtù dell’omicidio dei loro genitori, Jose e Kitty Menendez; i due, supportati dall’avvocato Leslie Abramson, tentarono di costruire un intero processo basato sulla testimonianza di abusi sessuali che erano stati subiti in vita da parte del loro padre Jose; in un primo momento, il processo è stato annullato per assenza di un verdetto concorde nella giuria ma, a seguito di alcune intercettazioni, i due sono stati poi condannati benché, ancora oggi, difendano la loro teoria. Ma qual è lo sguardo complessivo di Ryan Murphy a proposito della storia?

La recensione di La storia di Lyle ed Erik Menendez: Ryan Murphy preda delle sue morbosità

ll successo della serie televisiva su Jeffrey Dahmer rappresenta uno degli emblemi della grande capacità comunicativa di Netflix negli ultimi anni, che ha basato gran parte della trasmissione dei suoi contenuti sul fattore true crime; osservare morti, crimini, ricostruzioni e processi impressiona di certo lo spettatore, ma la trasformazione di tali contenuti in fattori kitsch, in grado di creare un certo grado di morbosità nello spettatore, è l’effetto di una Netflixizzazione che ormai ha radici in qualsiasi altro contenuto: non è un caso, del resto, che anche la sesta stagione di Black Mirror (una serie che con il true crime ha ben pochi legami) contenga un episodio di tale costrutto e non è allo stesso modo casuale che una serie come MONSTER aggiunga il plurale e decida di diventare antologica, raccontando non più soltanto di Jeffrey Dahmer ma di qualsiasi altro criminale che possa essere messo alla mercé dello sguardo giudicante dello spettatore.

Giusto? Sbagliato? Rimanendo neutri, è bene tentare di comprendere quale sia il risultato di questo processo in una serie come La storia di Lyle ed Erik Menendez, che probabilmente porta all’estremo il discorso e ricrea atteggiamenti patetici di odissaica memoria; tentando di tirare le redini, è ancora una volta Ryan Murphy a produrre la serie in questione, questa volta affidandosi non più ad una narrazione della quale si conosce ogni dettaglio, ma cedendo all’ambiguità di una storia che – di per sé – ha fatto e fa ancora discutere nell’ambito dell’opinione pubblica; aumentando nettamente la portata tecnica della storia, rispetto alla prima stagione con il solo Evan Peters, MONSTERS si affida alle riuscitissime interpretazioni di Nicholas Chavez, Cooper Koch, Chloë Sevigny e soprattutto Javier Bardem, a cui si deve una prova attoriale assolutamente straordinaria, in grado di ricordare quanto – l’attore spagnolo – sia uno dei migliori e dei più importanti della sua generazione. Ed è evidentemente un grande passo in avanti, quello che si concede la serie: strutturalmente, tecnicamente e nella costruzione dell’intera narrazione, il prodotto dimostra di essere molto più avanti rispetto alle intenzioni di La storia di Jeffrey Dahmer, che invece puntava tutto sulle capacità del solo Evan Peters, di fatto spogliando qualsiasi elemento accessorio che contornasse la pregevole interpretazione dell’attore.

L’idea da cui muove i passi La storia di Lyle ed Erik Menendez è molto intelligente: affrontare l’intero elemento del crimine con una proposta visiva e strutturale assolutamente originale e fresca, che in un primo momento si arricchisce di una fotografia patinata e del ricorso eccessivo all’esasperazione della luce del sole e dei colori pastello; del resto, ci si trova nella ben nota Beverly Hills, un luogo che pullula di lusso e di divertimento, che non accoglierebbe mai un crimine così tanto efferato e che, nei fatti, lo respinge nella sua cornice strutturale nella prima parte della serie: osservare i due fratelli che fanno riferimento alla “mafia” e che tentano di godere del lusso di una presunta eredità, con automobili e champagne, rappresenta sicuramente una proposta fresca rispetto ai soliti meccanismi narrativi che sono tipici del true crime. In un certo senso, in effetti, i primi episodi di MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez portano in essere una narrazione assolutamente godibile, che trova il suo massimo compimento nello straordinario quinto episodio (L’uomo ferito, diretto da Michael Uppendhal), che presenta un intero piano sequenza della durata di 36 minuti, in assenza di controcampo e con la parola che viene affidata al personaggio di Erik Menendez, in grado di raccontare la sua storia.

Tuttavia, non si può fare a meno di notare come la serie, da quel momento in poi, si complichi terribilmente a partire dall’episodio successivo; la volontà di Ryan Murphy è evidentemente quella di esasperare se stesso e quella tendenza – da sempre nota nella sua carriera – di empatizzare con il criminale, ricercando l’uomo all’interno di qualsiasi narrazione true crime. Qui, come si diceva precedentemente, la storia vive di ambiguità e sarebbe perfettamente congeniale ad un racconto di punti di vista e di visioni contrapposte (ciò che fa magistralmente Disclaimer, dividendo l’intera narrazione in due blocchi perfettamente bilanciati), ma è proprio nel tentativo di mettere in campo quella contrapposizione che la serie non riesce a seguire il passo di quella che sarebbe la sua ideologia, cedendo ad atteggiamenti faziosi che hanno fatto tanto discutere e che hanno generato grandi polemiche, anche da parte della stessa famiglia Menendez. Ponendoci al riparo da quelle, che non sono oggetto del nostro interesse, è fondamentale notare come il peggio di MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez arrivi proprio dagli episodi che vanno dal sesto al nono, incapaci di tenere un ritmo e di ricreare quei bei presupposti strutturali che erano stati oggetto della prima parte della serie televisiva; l’introduzione sempre più massiva del personaggio di Dominick Dunne (benché ancora una volta ben interpretato da Nathan Lane), la volontà di far dialogare il crimine qui presentato con altri casi di cronaca nera – tra cui quelli di John Sweeney e soprattutto quello di O.J. Simpson – e, soprattutto, quella forzatura nel tenere l’ambiguità fino all’ultimo dicendo una parola in meno o scegliendo il termine che si presti a più interpretazioni possibili: tutti questi sono elementi che diventano sovrabbondanti e che allontanano dal fulcro della narrazione, rendendo la storia dei due fratelli Menendez un mero pretesto per andare avanti nella narrazione e per innaffiare di dialoghi l’intero contesto che si vuole rappresentare.

Anche strutturalmente la serie si impoverisce, inizia a trascinarsi e diventa un mero reiterare scene già viste, semplicemente con il pretesto di osservarle con un occhio differente (che è poi sempre lo stesso, poiché Ryan Murphy non può in alcun modo farsi portavoce di quello che è il pensiero di due persone defunte) e con la finalità di arrivare alla scena finale, per la quale si immaginerebbe un wow effect ma che, giunti a questo punto della serie, appare del tutto scontata: è tutto falso, i due fratelli Menendez sono realmente dei criminali e non c’è spazio per un altro punto di vista che non sia questo. Ecco che, e si ribadisce il non voler in alcun modo prendere le parti rispetto alla materia, si svilisce tutta quella falsa e mediocre ambiguità costruita nella serie, per ritornare ai soliti atteggiamenti che sono tanto cari a Ryan Murphy: una morbosità mediocre, che non riesce mai davvero a generare empatia ma che piuttosto sostituisce questa ad un’attenzione spasmodica che non appartiene al campo della televisione o del cinema, ma forse più a quello della televendita. MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez, contrariamente rispetto a quanto si sostiene in più campi, non è peggio di La storia di Jeffrey Dahmer poiché anche quella risultava del tutto sbagliata per molte delle medesime motivazioni; se in quel caso, però, era chiaro fin dall’inizio quale fosse la destinazione, qui si aggiunge l’aggravante di una disillusione e di un tradimento delle aspettative che avevano trovato corpo nella narrazione: un vero peccato, considerato il materiale e sottolineando quanto di buono c’è in questa serie, che trova in un Bardem strepitoso il suo vertice e nei primi cinque episodi una messa in scena invidiabile e deturpata dai successivi quattro.

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MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez
MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez

A seguito del grandissimo successo ottenuto con La storia di Jeffrey Dahmer, la serie antologica MONSTERS torna con una nuova stagione dedicata ai fratelli Menendez.

Voto del redattore:

6 / 10

Data di rilascio:

19/09/2024

Regia:

AA.VV.

Cast:

Nicholas Chavez, Cooper Koch, Javier Bardem, Chloë Sevigny, Nathan Lane, Ari Graynor, Leslie Grossman, Dallas Roberts, Jess Weixler

Genere:

Drammatico

PRO

La struttura dei primi cinque episodi
Le interpretazioni, tra cui spicca quella di Javier Bardem
Il quinto episodio in piano sequenza
La struttura degli ultimi quattro episodi
L’introduzione del personaggio di Dominick Dunne e di altri casi di cronaca nera
La falsa ambiguità presentata all’interno della serie
La scena finale