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L’antica Roma al cinema: Spartacus (1960)

Chiamato personalmente da Kirk Douglas, Stanley Kubrick dirige il kolossal sul noto schiavo romano a capo della rivolta durante le fasi finali della Repubblica. Nell’articolo l’analisi del film.

Distribuito nelle sale cinematografiche americane il 6 ottobre 1960 e in quelle italiane il 7 dicembre dello stesso anno, tratto dall’omonimo romanzo di Howard Fast è scritto da Dalton Trumbo, diretto da Stanley Kubrick mentre il cast è composto da: Kirk Douglas (anche produttore), Tony Curtis, Laurence Oliver, Jean Simmons, Peter Ustinov e Charles Laughton. Candidato a sei premi Oscar e vincitore di quattro statuette tra cui: miglior attore non protagonista (Ustinov), miglior fotografia a Rusell Metty, miglior scenografia e migliori costumi. Fu vincitore ai Golden Globes per il miglior film drammatico.

Italia, 73 a.C. sotto la Repubblica romana, uno schiavo proveniente dalla Tracia diede inizio ad una rivolta che sarà conosciuta come la “Terza guerra servile”. All’interno un sistema fondato sulla disparità sociale e sul sangue, il gladiatore è un mero strumento destinato esclusivamente a soddisfare il divertimento violento che annulla qualsiasi barlume di dignità umana. Spartaco è deciso a dimostrare cosa significa veramente essere un uomo, rifiutando di sopraffare, di ridurre una povera donna ad un riduttivo oggetto del desiderio, smarcandosi da una radicata mascolinità tossica. Un condottiero che ha come unico obiettivo quello di fondare una nuova comunità di persone libere, che fino a quel momento non ha provato altro che dolore e fatica. Grazie a sequenze suggestive e un montaggio studiato nel dettaglio, possiamo ammirare la gioia con cui queste persone stanno insieme, la libertà è il valore più grande, quando ti senti libero sei felice anche se dormi in una modesta tenda, se indossi un vestito non elaborato, ciò che conta veramente è la coesione, un insieme di individui che vivono secondo principi di parità, uguaglianza e giustizia. Al contrario la classe dirigente, chiusa nelle sue domus lussuose o rilassandosi alle terme, procede tra inganni e corruzioni, quantificando tutto in denaro perché qualsiasi cosa o persona ha un prezzo e può essere comprata. Tra i più figura Marco Licinio Crasso, uomo di spicco della Tarda Repubblica, al suo comando l’esercito represse con efferatezza tale rivolta. Diverrà in seguito membro del triunvirato insieme a Gaio Giulio Cesare e Gneo Pompeo Magno. Da evidenziare la contrapposizione delle parti in causa in un particolare aspetto, lo schieramento militare, infatti nella fazione dei ribelli le truppe sono posizionate in modo quasi casuale in cui tutti, sia uomini che donne, sono pronti a difendere ciò che hanno da poco conquistato. Di contro, le guarnigioni si muovono all’unisono, impeccabilmente, come se fossero mossi da fili invisibili tenuti dall’alto, l’individuo sparisce, annullandosi totalmente.

Dalla Storia già sappiamo il tragico destino degli schiavi ribelli, crocifissi lungo la via Appia precisamente lungo il tratto da Capua a Roma. Nella sequenza finale però la morte fisica del protagonista non coincide con una sconfitta, perché il suo desiderio è diventato realtà, suo figlio è nato libero ma c’è di più: Spartaco in quel momento smette di essere un uomo, diventa un ideale, un simbolo per chi verrà dopo di lui, anche a distanza di secoli. Affascinante è la relazione formatasi tra il personaggio e l’interprete, perché Kirk Douglas si è caricato su di sé questo colossale progetto, prendendosi unicamente la responsabilità di decisioni fortemente discusse: il licenziamento di Anthony Mann a riprese iniziate sostituendolo con Stanley Kubrick con cui aveva già collaborato nel precedente Orizzonti di gloria; l’annuncio di Dalton Trumbo come sceneggiatore nonostante egli facesse parte della “lista nera di Hollywood”, un sistema che durante il maccartismo (uno dei periodi più bui della storia dell’industria cinematografica statunitense) negava lavoro ad artisti di ogni tipo accusati di avere legami o anche solo simpatie comuniste. Insomma, qualcosa di più che un semplice ruolo come tanti in carriera, così come questa pellicola è qualcosa di più di un semplice film di genere.

La nostra contemporaneità è fondata sul riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo, c’è da chiedersi però se la schiavitù sia scomparsa veramente o semplicemente ha cambiato forma adattandosi al nostro stile di vita. Ci siamo liberati dalle catene e dalle fruste che ci tengono imprigionati? Materialismo, immagine, individualismo hanno preso il posto dei vecchi padroni? Siamo veramente liberi o ancora strumenti per soddisfare i bisogni di soggetti più ricchi e potenti di noi?

Voto:
4/5
Andrea Barone
5/5
Andrea Boggione
4/5
Christian D'Avanzo
4/5
Carlo Iarossi
0/5
Paolo Innocenti
0/5
Carmine Marzano
4/5
Alessio Minorenti
4/5
Paola Perri
0/5