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Horror da vedere ad Halloween: Munchausen di Ari Aster (2013)

Nonostante la sua breve durata di soli 16 minuti, Munchausen di Ari Aster è sicuramente un horror perfetto da vedere durante la giornata di Halloween. Ma per quale motivo?
Horror da vedere ad Halloween: Munchausen di Ari Aster (2013)

Da qualunque prospettiva la si guardi, la carriera di Ari Aster è caratterizzata da una grande e costante ossessione: la famiglia. Mancanze, distorsioni, assenze e dolore sono il fulcro di un’intera filmografia – comprensiva dei numerosi e fondamentali cortometraggi – che sulla famiglia riflettono e che la rendono reale protagonista dell’analisi del giovanissimo regista, ascritto non a caso nella Triade del nuovo che avanza nel genere horror. Chi ha avuto modo di rapportarsi al trittico di inizio carriera (Hereditary, Midsommar, Beau ha paura) avrà sicuramente notato che, in mezzo a sangue, lunghi viaggi di dispersione e corpi posseduti, il reale obiettivo del regista è un altro: rappresentare l’orrore di quella borghesia soltanto apparentemente (e mascherata come) perfetta.

Dalla Pixar all’orrore nei 16 minuti di Munchausen di Ari Aster

Una dieresi e una h in meno in Munchausen di Ari Aster, che muove i suoi passi dalla sindrome di Münchhausen e più specificamente da quella per procura: detto in termini semplici, l’ossessione di un genitore per le attenzioni che potrebbe ricevere da suo figlio, che lo porta ad arrecargli del danno fisico pur di raggiungere il suo scopo. Il procedere di Ari Aster è sicuramente molto complesso, considerando che – con una regia pulita e una fotografia curata da un fedelissimo, Paweł Pogorzelski -, il punto di partenza della sua analisi si unisce all’evidente ispirazione per il cinema della Pixar.

Difficile immaginare che l’intera sequenza del cortometraggio, con l’idillio che si trasforma in tragedia e con l’assenza di dialoghi che lascia spazio alla sola e cadenzata musica di sottofondo, non sia un evidente omaggio ad Up, in particolar modo a quella scena iniziale che ha fatto la storia del cinema. In questo caso, però, gli amori trattati sono totalmente diversi e si trasformano in un qualcosa di morboso e ossessivo: non c’è un libro di memorie e di sicuro non esiste un viaggio ideale, il rimpianto per ciò che c’è stato lascia spazio alla paura del futuro (e della perdita), fino alla scelta di una madre che sceglie volutamente di avvelenare suo figlio, per tenerlo vicino a sé. In tutta la carriera di Ari Aster l’interrogativo su quanto crudele possa essere una madre – che si arrampichi sulle pareti o che sia/non sia morta – è costante, ma in Munchausen si ritrova sicuramente una piena centralità del tema più che mai libero da ridondanti orpelli e da esagerazioni da long-cinema che con Beau ha paura ha incontrato un vigoroso, quanto necessario, ostacolo.

Perché consigliamo di vedere Munchausen di Ari Aster ad Halloween

Quello del cinema di Halloween è un pretesto per scoprire l’horror dietro l’horror, per spaventarsi ma anche per conoscere qualcosa di diverso dalle saghe che hanno caratterizzato la storia del genere. Benché si parli di pochi minuti, Munchausen di Ari Aster è una summa molto importante della carriera del regista, che – con largo anticipo rispetto ai suoi lavori successivi – mette lo spettatore di fronte all’orribile verità di un mondo che non funziona davvero nonostante le sue apparenze, di una realtà borghese che vive di ossessioni celate e di rapporti morbosi, che si risolvono nella tragedia. È un fare certamente sarcastico, quello del regista, che si nasconde dietro musica leggera, fotografia patinata e colori pastello, che fa sognare al giovane protagonista un futuro un cui piace alle donne semplicemente perché bravo a parlare; così come è ancor più violento quel sorriso rassicurante che lo stesso giovane destina a sua madre prima di morire. Sono solo 16, si diceva, i minuti di questo cortometraggio: un antipasto di orrore, forse, o ancor meglio un dopo-trick-n-treat che vi consigliamo di gustare.