Articolo pubblicato il 17 Dicembre 2024 da Gabriele Maccauro
Presentato in anteprima alla 74a edizione del Festival di Berlino e, successivamente, al Far East Film Festival, approda in streaming dal 10 dicembre 2024 l’horror coreano Exhuma – La tomba del diavolo. Si tratta del terzo film scritto e diretto da Jang Jae-hyun, dopo The Priests del 2015 e Svaha: The Sixth Finger dello stesso genere. Un titolo che si immerge nel folklore della storia coreana per portare sullo schermo una visione incalzante, che passa dalla ghost-story al fantasy-horror attraverso una mirabile fattura ed un protagonista d’eccezione. Il film è diventato l’incasso dell’anno in patria ed ecco di seguito la recensione di Exhuma – La tomba del diavolo, il film horror di Jang Jae-hyun con Choi Min-sik.
La trama di Exhuma – La tomba del diavolo, il film horror sudcoreano campione d’incassi
Su sceneggiatura dello stesso regista sudcoreano Jang Jae-hyun, Exhuma – La tomba del diavolo presenterebbe come titolo originale “Pa-myo”, il quale farebbe riferimento ad una pratica orientale volte a riesumare le spoglie di un defunto, purificare il suo spirito, per poi seppellirle nuovamente. Protagonisti del film sono infatti la sciamana Lee Hwa-rim ed il suo giovane assistente Yoon Bong-gil, i quali hanno ricevuto incarico da una ricca famiglia statunitense, di origini coreane, di scacciare quella che sembrerebbe essere una vera e propria possessione maligna sulla sua famiglia.
Hwa-rim scopre infatti che il patriarca e la sua discendenza è vittima di una maledizione e, per poter purificare lo spirito del suo antenato, si dovrà riesumare la tomba del padre e procedere con un rituale. Al fine di portare a termine la missione, la sciamana chiederà aiuto a Kim Sang-deok, maestro nell’arte del Feng Shui (ovvero l’antica geomanzia taoista), in cerca di soldi per il matrimonio della figlia. Tuttavia, la squadra non aveva proprio idea di avere a che fare con un antico Male che supera le loro capacità.

La recensione di Exhuma – La tomba del diavolo: lo spirito di una terra da riesumare
Film horror sudcoreano, che si addentra nel territorio del folklore, a tema esorcismi, carico di mistero e che porta anche una certa “invasione” dal Sol Levante. Ai più potrebbe venire in mente quello straordinario Goksung di Na Hong-jin del 2016, ma in questo caso si parla di Exhuma – La tomba del diavolo il quale, pur non raggiungendo quei livelli di eccellenza, si destreggia egregiamente nelle stesse agitate e torbide acque. Proprio l’acqua sarà uno degli elementi fondamentali, per la terza opera scritta e diretta dal regista sudcoreano Jang Jae-hyun che, infatti, continua il suo percorso nell’horror fantastico ed esoterico attingendo a piene mani dal folkore della sua terra insanguinata.
In Exhuma i protagonisti sono chiamati a combattere a suon di esorcismi e rituali un Dannato, un Oni, che si rivelerà essere la spettrale incarnazione di una storia che annega (ancora oggi) nel dolore della Guerra. Proprio come nel capolavoro di Na Hong-jin, anche quest’altro affascinante horror sudcoreano presenta il proprio “uomo giapponese”, l’Invasore che ha avvelenato e sventrato una terra ed un intero popolo. Non a caso, l’arma per sconfiggere l’Oni, diventa infine una combinazione tra acqua e legno (simboli di vita e spiritualità) per contrastare la distruttiva alchimia tra fuoco e metallo dell’industria e della guerra. Contro i fantasmi del passato (colonialista, ma anche di corruzione all’interno della propria terra) Exhuma spinge al parallelismo di dover riesumare lo spirito di una terra, quella coreana, precedentemente unita ed ora spezzata a metà da bare di metallo che ne bloccano l’energia vitale.
Suddividendo il film in 5 parti (come gli stessi elementi) Jang Jae-hyum costruisce così una visione dal peso specifico particolarmente denso, comprendendo la purificazione dell’intera penisola orientale ed ammonendo sull’attuale circolazione di pericolosi “fuochi fatui”, continuando inoltre ad attingere a piene mani dal folklore sciamanico. Exhuma è particolarmente affascinante anche da questo punto di vista, presentando fin da subito un film che non gioca sulla sempre affascinante ambiguità, ma presenta una realtà del mondo di oggi dove il misticismo è non solo presente ma anche determinante. Gwisin, Oni, feng shui, yōkai, nel film i riferimenti alla mitologia e alla cultura popolare sono diretti ed influenti, così come la differenza ed il contrasto storico tra i rituali coreani e quelli giapponesi.
Come annunciato dalla sua stessa protagonista, Exhuma si trova così nel mezzo tra scienza e superstizione, facendo leva su un “reale” piano magico, esoterico e mistico nell’eterna lotta tra luce ed oscurità. Un piano che, nel cinema, non può che tradursi inevitabilmente nel campo del fantasy-horror e nel paranormale. <<Alla stirpe non puoi sfuggirle nemmeno dopo la morte>> dirà il membro più anziano di questa squadra di riesumatori, per un film che risulterebbe in un certo senso imprevedibile anche per la sua struttura narrativa. Nato come un cupo thriller di mistero, sui segreti della ricca famiglia di origini coreane e sulla strana maledizione che la colpisce, Exhuma cresce attraverso il puro cinema di possessioni demoniache dell’omaggiato William Friedkin, per poi morire in un fantasy-horror d’azione.
Nonostante il criptico e cadenzato sviluppo della sceneggiatura riesca a sferrare colpi notevoli, per quanto riguarda tanto l’intrattenimento quanto l’analisi dei suoi temi storici e politici, è proprio l’atto conclusivo di Exhuma a risultare forse troppo “spettacolare” per le sue notevoli premesse. Il film è un vero e proprio fenomeno cinematografico, primo incasso nel 2024 del cinema coreano con quasi 100 milioni$ conquistati al botteghino (di cui più di 80 solo in Patria, diventato il sesto film sudcoreano con l’incasso maggiore di sempre).
Aver reso il film da questo punto di vista “commerciale” ha dunque sicuramente ripagato in termini di box office, sebbene il tono e l’andamento di Exhuma nei suoi primi 2 Atti avrebbe sicuramente spinto verso una conclusione maggiormente austera ed incisiva. Tuttavia, nonostante molto venga sacrificato nel finale a favor di spettacolo e soprassedendo ad un registro ironico alquanto fuori luogo, è impossibile non registrare il terzo film di Jang Jae-hyun come uno degli horror più riusciti del 2024.
La recensione di Exhuma: i fantasmi del passato sconfitti da un horror “spettacolare”
Oltre infatti ad una costruzione narrativa affascinante e temi anche coraggiosamente sanguinosi ed insanguinati, Exhuma cattura l’attenzione per una messa in scena estremamente convincente. Molte sono infatti le idee esteticamente esaltanti, dalla bara verticale all’utilizzo del materiale fantastico (mai esagerato), senza dimenticare la sempre suggestiva considerazione dei Classici. Come già accennato e come sottolineato più volte dallo stesso regista, Jang Jae-hyun è un grande estimatore del lavoro di William Friedkin (e chi non lo è?), con il suo epocale L’Esorcista anche esplicitamente omaggiato in un film che non si abbandona mai al brivido facile ma supporta un orrore suggerito e morbosamente percepibile.
Straordinario in tal senso il lavoro del direttore della fotografia Lee Mo-gae, stretto collaboratore di un grande regista come Kim Jee-woon e del quale riporta la profonda cupezza di opere esaltanti come Two Sisters, I saw the devil e soprattutto L’impero delle ombre. Seguendo l’incombere delle nubi, che rendono impossibile la purificazione dello spirito, la fotografia del film è funzionale nel spegnersi gradualmente fino all’oscurità del finale. Rinviando momentaneamente altri plausi tecnici ed una volta nominato il superlativo film del 2010 I saw the devil, Exhuma si pregerebbe anche di un ingresso nel cast di particolare prestigio, come quello di Choi Min-sik. Eclettico interprete classe 1962, l’attore sudcoreano particolarmente memorabile nell’Oldboy di Park Chan-wook guida un cast giovane con posata eleganza ed energia. Il quartetto protagonista del film di Jang Jae-hyun si dimostra infatti all’altezza del compito, riuscendo degnamente ad interpretare i rispettivi personaggi, sebbene il rilascio emotivo ed espressivo degli stessi non riesca mai veramente a colpire nel segno.
Tornando però alla costruzione sensoriale dell’esperienza Exhuma, il film non denota solo la caratura tecnica del suo regista, che riesce a rilasciare il giusto orrore in scena attraverso movimenti lenti ed inquadrature decisive, ma anche un sonoro silentemente ingombrante. La colonna sonora è infatti spesso assente, dando maggiormente spazio ai silenzi di insinuarsi nella visione e riuscendo al contrario a farsi sentire attraverso dosate ed efficaci stoccate. Il premio tecnico per il Suono è infatti uno dei 4 riconoscimenti del film vinti ai Baeksang Arts Award (il meglio del cinema, televisione e teatro sudcoreano) assieme al Miglior Regista, Miglior Attrice a Kim Go-eun e Miglior Attore emergente a Lee Do-hyun.
In conclusione, in Exhuma è la stessa Corea a divenire una tomba da riesumare, senza Nord o Sud che vengano separati dai fantasmi del passato. Il regista parla della sua terra e non può che farlo attraverso quel sentore popolare, quel folklore che guida lo spirito di un’intera comunità, tramutandosi in una spettacolare visione che fonde mistero e fantasy-horror attraverso una messa in scena fortemente suggestiva.
