Articolo pubblicato il 25 Gennaio 2025 da Gabriele Maccauro
Dopo essere stato presentato in anteprima all’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, arriva sulla piattaforma streaming di Mubi Beauty is not a Sin, nuovo cortometraggio diretto da Nicolas Winding Refn per MV Agusta. Con un cast tutto italiano e della durata di soli 8 minuti, questa non è di certo la prima pubblicità realizzata dal regista danese e, nonostante abbia al suo interno molteplici elementi divenuti ormai marchio di fabbrica dell’autore – in primis l’ormai iconico font dei titoli di testa – al tempo stesso ci fa interrogare sul punto in cui si trova la sua carriera di regista cinematografico. A seguire, trama e recensione di Beauty is not a Sin.
La trama di Beauty is not a Sin, presentato in anteprima all’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
Prima di passare all’analisi e recensione del cortometraggio, è bene spendere due parole sulla sua trama per quanto, a conti fatti, sia estremamente breve da riassumere. Beauty is not a Sin – pubblicità diretta da Nicolas Winding Refn per MV Agusta che fu presentata in anteprima all’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e che è ormai disponibile sulla piattaforma streaming di Mubi – segue le vicende di una ragazza che va a confessarsi e che racconta al prete varie fantasie sull’avidità, la lussuria e la tentazione. In seguito, il prete attraversa una crisi spirituale e in lui si risvegliano desideri che non può ignorare, tanto che condivide il peccato della ragazza compiendo un atto proibito.

La recensione di Beauty is not a Sin, diretto da Nicolas Winding Refn
8 giugno 2016. Nelle sale italiane arriva The Neon Demon, film diretto da Nicolas Winding Refn e che fa seguito al poco fortunato ma eccezionale Solo Dio Perdona. Entrambe le opere sono la perfetta summa del pensiero cinematografico del regista danese, realizzate senza ombra di dubbio grazie al credito ed alla nomea nata dal successo di Drive che a Cannes64 si aggiudicò il Prix de la Mise en Scène per la miglior regia. Un trittico straordinario che inizia però ad avere qualche anno sulle spalle e, da quell’estate di quasi il decennio scorso, Refn non ha più diretto nessun lungometraggio.
Per carità, la sua carriera artistica non si è di certo fermata: con Too Old to Die Young (2019) e Copenhagen Cowboy (2023), egli ha collaborato con Amazon prima e Netflix poi, entrando non solo in contatto con la realtà delle piattaforme streaming, ma imparando anche le regole di un mondo completamente diverso da quello cui era sempre stato abituato, ovvero la televisione e, nonostante siano di buona fattura, sembrano essere già finite nel dimenticatoio. La voglia di sperimentare e realizzare opere audiovisive lo ha fatto inoltre sbarcare nel mare delle pubblicità e quest’ultima da lui realizzata, Beauty is not a Sin, è esattamente questo: una pubblicità. Né più né meno.
Certo, potremmo star qui a riflettere su come spicchi di certo tra tutte quelle che vedono la luce ogni anno, su come Refn resti un maestro nell’utilizzo delle musiche e della colonna sonora all’interno dei propri lavori – eccezionale The World doesn’t Care di Dazed Marrow – e di come sembri che tutto ciò che tocchi possa diventare bello, portando al limite e forse superandolo il concetto di estetica che c’è dietro. La verità è che però non c’è sperimentazione che tenga: Nicolas Winding Refn manca dal grande schermo da quasi 10 anni e vedere Beauty is not a Sin – che, diciamolo, ha anche una sequenza stereotipata sugli italiani talmente assurda che fa solamente ridere – non fa che accrescere ancor più il rammarico per ciò che egli rappresenta e potrebbe essere e ciò che invece sta prendendo sempre più forma. Questo è il vero peccato.