L’inebriante cocktail di Companion lubrifica gli ingranaggi sulla dignità dell’autocontrollo

Companion è il primo film scritto e diretto dal regista Drew Hancock, che porta in scena un racconto fantascientifico sulle relazioni tossiche e sulla disumana sottomissione. Colpi di scena, un cocktail di inebriante divertimento ed una coppia protagonista che funziona.
La recensione del film con Sophie Thatcher Companion

Articolo pubblicato il 1 Febbraio 2025 da Vittorio Pigini

Dal 30 gennaio 2025 arriva nelle sale italiane Companion, il primo film scritto e diretto dal regista statunitense Drew Hancock. Il titolo viene anche prodotto da Zach Cregger e Roy Lee, ovvero rispettivamente regista e produttore del sorprendente Barbarian del 2022, con Georgina Campbell e Bill Skarsgård.

Companion vede invece protagonista la coppia formata da Sophie Thatcher e Jack Quaid, riprendendo le trame e le articolazioni del cinema di genere, ma presentando comunque una visione originale per un cocktail di commedia nera, horror e soprattutto fantascienza. Ecco di seguito la recensione di Companion, il film con protagonisti Sophie Thatcher e Jack Quaid.

La trama di Companion, il film con Sophie Thatcher e Jack Quaid

Su sceneggiatura originale dello stesso regista, Companion è il primo film scritto e diretto dall’autore statunitense Drew Hancock. Dopo un passato nel campo dei videoclip e in tv, il regista arriva così sul grande schermo con questa commedia nera che si tuffa nel cinema di genere, specialmente nella fantascienza. La storia è infatti quella di Josh ed Iris, giovane coppia innamorata ed invitata su una casa sul lago di alcuni amici del ragazzo.

Il proprietario è Sergey, ricchissimo e misterioso uomo di origine russa dalle che presenta fin da subito attenzioni verso Iris. Una mattina quest’ultima si ritroverà aggredita proprio da Sergey, che vuole abusare di lei, ma Iris riesce a difendersi e lo accoltella a morte. Tornata a casa dagli altri sporca di sangue, la ragazza viene semplicemente “spenta” da Josh: Iris è un robot, e la loro presenza in quella casa non è stata casuale.

La recensione di Companion: la dignità dell’autocontrollo

La campagna pubblicitaria del film, con protagonisti Sophie Thatcher e Jack Quaid, è andata a sottolineare prevalentemente come al timone di questa nave ci fossero gli ideatori di Barbarian. Proprio come il sorprendente film horror del 2022, a colpire in questo nuovo titolo in uscita nelle nostre sale ad inizio 2025 è proprio il colpo di scena a conclusione del primo atto (che i trailer di sponsorizzazione avrebbero potuto tranquillamente evitare).

Quello che sembrava potesse essere un thriller-sentimentale, ambientato nello stereotipato ambiente isolato, diventa di colpo un film con gli androidi, ricco di ironia, qualche tono di violenza e soprattutto con una netta presa di posizione dal punto di vista sociale. A differenza infatti del film di Zach Cregger, Companion si allontana di fatto dall’horror ed entra a gamba tesa nella fantascienza, presentando una visione ed un racconto sulle relazioni tossiche, sulla mania di possesso verso il proprio compagno/a di vita, sulla sottomissione nella coppia.

<<Non sei nemmeno di mia proprietà, sei a noleggio>>. Questa una delle verità che viene annunciata dal personaggio di Josh verso il finale del film, rivolta appunto verso la “compagna” Iris. Le carte sono state ormai svelate e la frase fa ovviamente riferimento al metodo di acquisto del robot di compagnia, ma la metafora (forse eccessivamente didascalica) presente in tutto il film non può che far risuonare la frase con un disprezzo disarmante.

Il debutto sul grande schermo di Drew Hancock è sicuramente audace, specialmente dal punto di vista cinematografico e presentando un cocktail divertente (inteso proprio in virtù del suo intrattenimento) che mescola commedia nera, thriller, romance e qualche sfumatura orrorifica. Nonostante tutte le etichette, Companion resta tuttavia e come accennato profondamente ancorato nei circuiti del cinema di fantascienza, abbinando l’indomabile crescita tecnologica del nostro tempo alle dinamiche antiche se non arcaiche del possesso e della sottomissione. La donna diviene così una donna giocattolo, un robot accompagnatore da riprogrammare a proprio piacimento, una Barbie a grandezza naturale alla quale abbinare semplicemente qualche gadget ogni tanto.

Anche da questo punto di vista, l’intelligente sceneggiatura del regista non scade nel “facile accostamento” sull’oggettificazione femminile (comunque centrale e determinante anche nell’ultima scena del film) ma, anche grazie al personaggio di Patrick, ne allarga il campo da gioco. Companion presenta di fatto un mondo dove la solitudine può essere sostituita da accompagnatori cibernetici, potendo anche arrivare a stringere un legame sincero con essi.

La “relazione” (le virgolette restano d’obbligo) tra Eli e Patrick è infatti sincera, vera, con il robot che accoglie la sua natura e che sceglie di essere il compagno dell’umano. Quella, al contrario, tra Josh ed Iris non può che essere per definizione tossica, alla pari di quella tra Kat e l’umano Sergey. La differenza fondamentale, anche tenendo a mente il personaggio interpretato da Megan Suri, è proprio la capacità di scelta negata a Iris fin dalla “nascita”.

I diversi colpi di scena del film (ai quali si arriverà a breve), permettono di far saltare tutti gli altarini e rivelano la vera natura tanto di Josh quanto di Kat, sfruttatori a modo loro. Soprattutto nell’ultimo atto, il regista riesce a tirare fuori tutta la violenza (fisica e psicologica) che il patetico personaggio interpretato da Jack Quaid può generare, non visibile a primo impatto dietro quella maschera da bravo ragazzo. Vero che il film presenta forse un eccessivo didascalismo, con la metafora sulla relazione tossica e sulla sottomissione che non è più tale ma diviene particolarmente esplicita, ma il messaggio va a segno ed il film resta coerente con sé stesso.

In Companion i ricordi diventano fondamentali e allora Hancock, più che un vero allarme, porta sullo schermo attraverso il genere l’importanza nel ricordarsi di essere, di esistere e di conservare quella dignità. Emblematico il finale stesso del film in cui Iris, ormai in pieno e libero autocontrollo, si priva della plastica bruciata che copre la sua mano robotica. Drammatici episodi di cronaca nera permettono anche di accostare l’immagine a troppe donne sfigurate dal proprio compagno. Proprio quella deformazione, tuttavia, diviene una cicatrice, un ricordo ed un esempio da sfoggiare per diffondere quella stessa convinzione e libertà di sé.

La recensione di Companion, la dignità dell'autocontrollo

Ingranaggi oliati da un cocktail inebriante

Il debutto cinematografico di Drew Hancock, dunque, continua a solcare quel drammatico e lacerante percorso delle relazioni tossiche, per quanto il film sia comunque a suo modo ricco di divertimento. Da Blade Runner al Lucy di Luc Besson, passando per Terminator e molto altro, Companion ruba molto dal grande cinema di fantascienza che diviene il contenitore in cui inserire un intrigante cocktail. Alla chiusura del primo atto (la morte di Sergey), la rivelazione/spiegone di Josh immediatamente successiva sembrerebbe di per sé fortemente anticlimatica, ma solo perché da quel momento sta per iniziare di fatto un nuovo film.

Cambia il registro e Companion diventa molto più ironico (anche goffo e sopra le righe in qualche frangente, ma senza sfigurare troppo), dai protagonisti che restano confinati nel perimetro della casa si passa ad una caccia nel bosco, dal thriller-sentimentale si passa di colpo alle dinamiche fantascientifiche. Il tutto viene comunque ben gestito dal regista in sede di sceneggiatura, per un’operazione decisamente non facile nell’amalgamare tutte le componenti anche molto diverse fra loro. L’ironia convince, proprio per come vengono costruiti determinati personaggi, il thriller resiste per il mistero portato in scena sui diversi cambi di fronte narrativi, l’orrore esplode con un giusto equilibrio e con buoni risultati, la sottotrama tossicamente romantica diviene il fulcro determinante.

Proprio i diversi colpi di scena presenti nella narrazione, inoltre, vengono portati avanti con dovizia di particolari, cercando di mantenere intatto l’intero puzzle. Tuttavia, alcune cose sfuggono di mano ed il racconto presenta qualche contraddizione di troppo. Si potrebbero fare alcuni esempi, specialmente nel finale di Companion: alla scena della candela viene azzerata la sua intelligenza, ma questo non sembra apportare alcuna differenza, o la stessa intelligenza al 100% avrebbe potuto trovare soluzioni migliori per un androide; Iris viene infine resettata, diventando incapace di ferire Patrick, eppure ricorda ed agisce di conseguenza…

Nell’intero intreccio particolarmente intricato di Companion, alcuni elementi sfuggono quindi al controllo della sceneggiatura, ma l’impegno nel cercare di far quadrare il tutto è evidente ed in generale non si registrano ingombranti stonature. Ne nasce quindi una visione dagli ingranaggi ben oliati, che non fallisce nemmeno i suoi protagonisti. L’inetto personaggio di Jack Quaid (figlio del Dennis di The Substance che, per certi versi continuerebbe a tornare anche in questo film dello stesso anno) riesce a dare peso alle sue sfaccettature, presentandosi come compagno perfetto e finendo per tirare fuori una reale tossicità deviata.

In attesa che anche in Italia esca nelle sale Heretic di Scott Beck e Bryan Woods, ad arrivare al cinema è anche Sophie Thatcher. Volto principalmente televisivo con When the Lights Go On e Yellowjackets, l’attrice di Chicago rimane nel campo del cinema di genere horror e fantascientifico dopo titoli come The Boogeyman e Maxxxine. Ottima la sua prova da protagonista, nel riuscire ad incarnare un simbolo di vittimizzazione che cerca di sbloccare la consapevolezza dell’autocontrollo, mettendo a segno qualche momento emotivamente importante.

In conclusione, Companion non presenta molto di nuovo al suo derivativo cinema di riferimento, con il didascalismo della sua metaforica crociata che non offre una mano. Il racconto cerca poi di incidere con i suoi diversi colpi di scena, riuscendoci, ma allo stesso tempo lasciandosi sfuggire diverse contraddizioni, con un livello caricaturale in alcuni momenti eccessivamente sopra le righe.

Al di là dei punti critici, c’è però da registrare un intrigante debutto per il regista Drew Hancock, che prende lezione dal grande cinema di genere per portare su schermo un racconto tematicamente incisivo con grande coerenza ed intelligenza. Companion diverte nelle sue uscite ironiche e nell’intreccio arricchito da funzionali colpi di scena, sfoggiando un comparto tecnico di livello ed una coppia attoriale che riesce ad essere incisivo, specialmente la protagonista Sophie Thatcher.

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Companion locandina del film
Companion
Companion

Companion è il film di debutto del regista Drew Hancock, incoraggiante nel portare sul grande schermo una visione fresca e per certi versi coraggiosa come primo film, riuscendo ad intrattenere con ottimi risultati ed andando a segno con la sua analisi.

Voto del redattore:

7.5 / 10

Data di rilascio:

30/01/2025

Regia:

Drew Hancock

Cast:

Sophie Thatcher, Jack Quaid, Lukas Gage, Megan Suri, Harvey Guillén, Rupert Friend

Genere:

Fantascienza, thriller, sentimentale

PRO

La sostenuta metafora sulle relazioni tossiche va dritta al punto e colpisce.
Alto tasso di divertimento, tra ironia, mistero, violenza e trame sentimentali.
Convincente la coppia protagonista, specialmente Sophie Thatcher
L’intricato intreccio tende a perdere qualche pezzo per strada verso l’atto conclusivo
La metafora di fondo diventa in alcuni casi eccessivamente didascalica e ridondante
In alcuni punti il film è ingiustificatamente sopra le righe