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L’Immensità: l’unico aspetto degno di tale definizione è Penélope Cruz

L’immensità, il nuovo film del regista Emanuele Crialese con protagonista il Premio Oscar Penélope Cruz presentato in concorso in anteprima mondiale a Venezia79. Ambientato a Roma, anni Settanta: un mondo sospeso tra quartieri in costruzione e varietà televisivi ancora in bianco e nero, conquiste sociali e modelli di famiglia ormai superati. Clara e Felice si sono appena trasferiti in un nuovo appartamento. Il loro matrimonio è finito: non si amano più, ma non riescono a lasciarsi. A tenerli uniti, soltanto i figli, su cui Clara riversa tutto il proprio desiderio di libertà. Adriana, la più grande, ha appena compiuto dodici anni ed è la testimone attentissima degli stati d’animo di Clara e delle tensioni crescenti tra i genitori. La ragazza rifiuta il suo nome, la sua identità, vuole convincere tutti di essere un maschio e questa ostinazione porta il già fragile equilibrio familiare a un punto di rottura. Mentre i bambini aspettano un segno che li guidi, che sia una voce dall’alto o una canzone in tv, intorno e dentro di loro tutto cambia.

Ahimè, il titolo della recensione è esplicativo: Penèlope Cruz vale l’ora e trentasette di visione, ma il film in sé è di un vuoto sconcertante. Il regista non riesce mai a proporre allo spettatore elementi propositivi restando piatto e insignificante nel veicolare un messaggio potenzialmente importante ma che qui si dissolve. Non abbiamo possibilità di renderci conto di dove ci troviamo e quando; pressapochista il tentativo di proiettare i personaggi sullo schermo televisivo nella musica italiana storica, tra la Carrà, Mina e Celentano (Prisencolinensinainciusol del ‘73). La Cruz è una madre probabilmente sposata perché trasferitasi dall’America Latina, possiamo presupporlo senza averne mai certezza, eppure non trova la felicità siccome il marito (che guarda caso si chiama Felice) è un uomo freddo e prepotente sia con lei che con i figli. Tra l’altro, ad eccezione di lei, però, gli altri attori non sono nemmeno lontanamente all’altezza del ruolo richiesto. La trama che vede protagonista la bambina Adriana/Andrea, desiderosa per l’appunto di esser considerata maschio, gratta appena in superficie quasi come per timore di raccontare; sullo stesso tema è doveroso consigliare allora Tomboy di Céline Sciamma. Le altre situazioni quali la malattia mentale di Clara e la relazione extraconiugale di Felice, sono accennate e buttate subito via, un riempitivo incomprensibile che non adempie nessuno scopo. Sempre la Cruz riesce a dare quel quid che all’intero film manca, attraverso la relazione con i figli: è talmente coinvolgente che anche i giovani attori sembrano divertirsi con lei (vedasi l’incipit), pur non essendo ben diretti in altri momenti. Si vede che il ruolo della madre le viene sempre bene, e quel capolavoro di Madres Paralelas presentato l’anno scorso a Venezia conferma.

 

Un titolo in concorso davvero deludente, per niente concreto, nemmeno lontanamente sincero. Il risultato è l’incomprensibile salto nel vuoto di Crialese, posticcio, con qualche bella inquadratura di cui ce ne facciamo ben poco, tutto molto sciapo.

Voto:
2/5
Andrea Barone
2/5
Andrea Boggione
0/5
Carlo Iarossi
0/5
Paolo Innocenti
3/5
Carmine Marzano
0/5
Alessio Minorenti
1.5/5
Paola Perri
0/5
Giovanni Urgnani
0/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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